da domenica 28 a giovedì 2 maggio 2019
LA PROIEZIONE DI VENERDI' 3 MAGGIO 2019
E' ANTICIPATA A LUNEDI' 29 APRILE 2019 SEMPRE ALLE ORE 21.00
DOGMAN
regia di Matteo Garrone
Una periferia sgangherata, dove il cielo è grigio e la violenza sottesa ad ogni gesto, ad ogni movimento, ad ogni suono. Dogman, (…), è tutto lì: nei casermoni anonimi che si stagliano, con geometrico rigore, su strade spoglie e caotiche. Nell’assenza di colori, che tutto vela all’infuori del rosso. Il rosso, quel rosso color del sangue, chiazza la faccia di un ometto minuto, la cui vita all’apparenza ordinaria sembra dipanarsi tra il lavoro e la famiglia. L’ometto, piano piano, con la discrezione che solo la timidezza sa concedere, varca la soglia di un negozio di toelettatura per cani.E, in punta di piedi, si muove tra le gabbie. Pare una danza, la sua, ritmata dagli abusi di un amico grosso e scapestrato.
Giulio Martini
Domenica pomeriggio
|
dato e concesso che come sempre in Garrone ( un su dogma ? ) la vita dei suoi personaggi è dominata da un destino assurdo e tenebroso ( stavolta la violenza delle botte, della droga, dell'usura , della pornografia ) perché questa è condizione umana primigenia, qui dichiara la totale impossibilità di modificarla. Nel quartiere, che pur ha una sua festività conviviale, il vivere in gruppo è pura cagnara, senza valori autentici o nobili obiettivi di sorta. E' sopravvivenza animalesca, una vita da cani. Ma se il tran-tran dello sporco serraglio è turbato da chi vuole dominare senza reciprocità alcuna, per matta superbia, occorre l'intervento di un liberatore. Senza volerlo e senza progettarlo il salvatore della pace comune sarà Marcello - il buono /ingenuo della zona - così tenero e affettuoso da riuscire persino a compiere minuscoli miracoli ( resuscitando in extemis una vittima innocente congelata nel frigor.... ). Il quale fa tutto senza rendersene conto, in nome di un elementare desiderio di appartenenza, ma succube di Simone, per prestanza fisica, per bisogno alimentaro e per la speranza di far felice la purissima figliola. Perché lui cerca unicamente di addomesticalo, di ricondurlo ad un minimo di rispetto nei suoi riguardi, come fa - nella prima scena iniziale - educando il cagnaccio inferocito. Non pensa di ammazzarlo e toglierlo di mezzo. Ma pur compiendo l'impresa sperata da tutti, non sarà neppure l'eroe atteso e riconosciuto dagli altri. Finirà a vagare come un cagnetto ansimante, con la preda/trofeo portata invano ai cacciatori. Il film è asciutto ed essenziale anche nella colona sonora e nelle immagini e persino nelle immagini più crude. Non è lo stile di Pasolini, di Rossellini o di Tarantino, ma" la favola nera del reale"cui Garrone ci ha ferocemente abituati sin dall'esordio.
|
Giulio Martini
Domenica sera
|
|
Angelo Sabbadini
Martedì sera
|
Garrone confeziona da par suo un film spietato e disperante ambientato in una landa desolata stretta tra cielo e mare. "Cosa ci portiamo a casa?" chiede annichilito il pubblico del Bazin al termine della fosca narrazione. Una favola nera sull'impossibilità della redenzione nel mondo contemporaneo. Un attore straordinario (Marcello Fonte) che disegna in modo mirabile un personaggio diviso tra Keaton e Pasolini.Comunque un film imprescindibile e una grande lezione di cinema.
|
Giulio Martini
Mercoledì sera
verdino
|
|
Giulio Martini
Giovedì sera
verde
|
|
Giorgio Brambilla
Venerdì sera
verde
|
Garrone ci porta in una Waste Land che sembra una via di mezzo tra la città fantasma di un vecchio western e un luna park abbandonato, a conoscere un’umanità dolente e meschina e a seguire la discesa gli inferi di un uomo amato dai cani e dalla figlia e reietto dai suoi simili. Egli ci tiene a essere apprezzato da tutti, ma non sa emanciparsi dal fascino e dalle minacce del bruto del quartiere, per cui finisce così col trovarsi più solo degli animali che con tanto amore cura. Accade così che i suoi amici a quattro zampe siano ridotti a testimoni attoniti della ferinità che esplode attorno a loro durante lo scontro finale tra Marcello e Simone, che si conclude con la morte di quest’ultimo e il definitivo abbrutimento del primo, ridotto a cercare di mostrare un cadavere agli amici come biglietto di riammissione nella comunità che lo ha espulso. Il film inizia con il primo piano di un cane ringhioso che si rivela invece relativamente mansueto, e si conclude con il campo medio di una persona in sé mite ormai totalmente alienata, con un morto e il suo cane come unici compagni. A percorrere quest’autentica Via Crucis è un attore con un physique du rôle perfetto, diretto da un regista che fa del brutto e deforme una cifra stilistica assolutamente unica
|