l'ora più buia
da domenica 7 a venerdì 12 aprile 2019
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L'ORA PIU' BUIA
regia diJoe Wright
Cosa sia stato Churchill per il Novecento non c’è bisogno del cinema per scoprirlo, perché la Storia l’ha già abbondantemente certificato. Tuttavia, L’ora più buia (Darkest Hour) di Joe Wright dimostra che è possibile fare un film su Churchill senza svilirlo o tramutarlo in una semplice macchietta bofonchiante, come spesso ci è capitato di vedere in tante produzioni più o meno modeste e patinate, dove il Primo Ministro dall’aforisma fulminante è un’apparizione fugace e stereotipata. Qui invece lo sposalizio tra lo stile gonfio di classicità del cineasta inglese, regista di Espiazione e di Anna Karenina, e l’ingombrante, seducente figura di Churchill, trova un equilibrio notevole, perché l’uno è al servizio dell’altro, e il film è un congegno a orologeria: puro cinema di parola, dove la magnifica, serratissima sceneggiatura (firmata da Anthony McCarten) asseconda con una scansione implacabile i tempi di una partitura perfetta, sincronizzata sull’one man show del protagonista. Churchill ha il volto, deformato dal trucco, e il corpo sovraccarico di un mimetico Gary Oldman, uno degli attori più eccezionali e sottovalutati della sua generazione, che con quest’interpretazione sembra davvero il candidato ideale per portarsi a casa un sacrosanto Oscar che ne consacrerebbe a dovere lo straordinario percorso. La sua prova è incredibilmente mimetica – di fatto, Churchill lo riporta in vita – senza mai essere caricata e sovraccarica come spesso accade a tante parti da Oscar, in odor di faccetta e di macchietta.”
(Davide Stanzione, da Best Movie, 18 gennaio 2018)
“il regista Joe Wright sembra ancora sottotono dopo lo stravagante Pan. Costruisce Darkest Hour come una pièce teatrale, sempre ambientata in luoghi chiusi, nelle camere del potere dove si decide il destino di milioni di persone. Wright aveva fatto lo stesso in Anna Karenina, e non riesce però a ritrovare quell’anima visionaria che aveva tanto emozionato il pubblico. Qui trionfano l’enfasi, a tratti giustificata in uno scenario quasi apocalittico, e un’ironia spesso fuori luogo. L’obiettivo è quello di descrivere l’uomo, non il personaggio pubblico, e troppe volte la sceneggiatura tende a sdrammatizzare invece di puntare sulla fatalità del momento. L’atmosfera si fa grave solo nella seconda metà del film, con il ritorno sul grande schermo dell’Operazione Dynamo, l’impresa dei trecentomila di Dunkerque, sugli scudi con Dunkirk di Christopher Nolan. Anche lo stesso Joe Wright ci aveva portati su quelle spiagge in Espiazione, con un piano sequenza di cinque minuti che trasudava puro amore per il cinema e per la materia. Qui il regista londinese non sa replicare se stesso e finisce con lo strizzare l’occhio a Il discorso del re di Tom Hooper. Dobbiamo solo sperare che Gary Oldman ci illumini nell’ora più buia.”
(Gian Luca Pisacane, da cinematografo.it, 16 gennaio 2018)