Titolo

The Truman show

 

da domenica  24  a  venerdì 29 marzo 2019

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THE  TRUMAN  SHOW

regia di Peter Weir

 

 

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:“The Truman showè uno di quei film che pre­cor­ro­no i tempi. (…) In una ci­vil­tà net­ta­men­te sbi­lan­cia­ta verso l’ap­pa­ri­re piut­to­sto che l’es­se­re, quali sono le tra­smis­sio­ni TV che ot­ten­go­no mag­gio­re au­dien­ce, in ma­nie­ra tra­sver­sa­le in quasi tutti i paesi del mondo oc­ci­den­ta­le? I co­sid­det­ti ‘Rea­li­ty Show’ ov­via­men­te, come ‘Il Gran­de Fra­tel­lo’ e ‘L’I­so­la Dei Fa­mo­si’, il cui obiet­ti­vo è quel­lo di im­prov­vi­sa­re una di­ver­sa vita di re­la­zio­ne, in un am­bien­te ap­po­si­ta­men­te ar­te­fat­to, fa­cen­do con­vi­ve­re per al­cu­ni mesi in con­di­zio­ni di li­ber­tà li­mi­ta­ta un grup­po di per­so­ne con­sen­zien­ti e sco­no­sciu­te fra di loro, per con­fron­tar­ne le rea­zio­ni. I te­le­spet­ta­to­ri da casa pos­so­no se­guir­ne le at­ti­vi­tà gior­no e notte at­tra­ver­so gli scher­mi TV e con un pro­ce­di­men­to ad esclu­sio­ne viene scel­to in­fi­ne il mi­glio­re, una sorta di so­prav­vis­su­to (…) Una va­rian­te a que­sto pro­fi­lo è co­sti­tui­ta dai for­mat come ‘Amici’ o ‘X-Fac­tor’, i cui ti­to­li a volte sì, a volte no, re­pli­ca­no gli ori­gi­na­li che pro­ven­go­no di so­li­to dai paesi an­glo­sas­so­ni e che met­to­no a con­fron­to al­cu­ni ta­len­ti ar­ti­sti­ci an­co­ra sco­no­sciu­ti ai più in una gara che non si li­mi­ta però sol­tan­to a va­lu­tar­ne le ca­pa­ci­tà sul pal­co­sce­ni­co, ma li co­strin­ge a loro volta a coe­si­ste­re per un certo pe­rio­do di tempo in una spe­cie di re­cin­to me­dia­ti­co nel quale le loro per­so­na­li­tà ven­go­no se­zio­na­te, ri­vol­ta­te, tri­tu­ra­te in un al­ter­nar­si fra le esi­bi­zio­ni ed il fuori onda die­tro le quin­te. Peter Weir, la cui fil­mo­gra­fia non è nuova ad opere in­no­va­ti­ve e sot­ti­li dal punto di vista del­l’am­bien­ta­zio­ne e dei temi, che hanno la­scia­to una trac­cia si­gni­fi­ca­ti­va in vari ge­ne­ri, come Pic­nic ad Han­ging RockWit­ness – Il Te­sti­mo­neL’At­ti­mo Fug­gen­te, per ci­ta­re i tre ti­to­li più in­di­ca­ti­vi, è an­da­to an­co­ra più in là in que­sto caso, met­ten­do in scena una me­ta­fo­ra pun­gen­te e fol­go­ran­te sul­l’in­fluen­za dei media, che parte però da una pro­spet­ti­va com­ple­ta­men­te ri­bal­ta­ta ri­spet­to a ciò che pro­pon­go­no di so­li­to i Rea­li­ty TV. The Truman show quin­di è la rap­pre­sen­ta­zio­ne esa­spe­ra­ta delle con­se­guen­ze che una so­cie­tà do­mi­na­ta dai media ge­ne­ra nel pub­bli­co in ge­ne­ra­le e quin­di sul sin­go­lo. Se nel ‘Gran­de Fra­tel­lo’, con­si­de­ra­to come pro­to­ti­po del ge­ne­re, i pro­ta­go­ni­sti sono con­sa­pe­vo­li del ruolo che è stato loro af­fi­da­to, cer­ca­to e vo­lu­to da essi stes­si, così che tutto ciò che ac­ca­de in se­gui­to è in­ten­zio­nal­men­te una pa­ro­dia della spon­ta­nei­tà, nella sto­ria pro­po­sta dal re­gi­sta au­stra­lia­no in­ve­ce tutti re­ci­ta­no una parte, tran­ne uno, Tru­man Bur­bank, che è l’i­gna­ra vit­ti­ma di una co­los­sa­le mon­ta­tu­ra ini­zia­ta quan­do è nato e che da al­lo­ra è an­da­ta inin­ter­rot­ta­men­te in onda, senza che lui ne sia stato in alcun modo in­for­ma­to, come cita la stes­sa lo­can­di­na.

Tru­man è nato e cre­sciu­to nella cit­ta­di­na di un’i­so­la nella quale tutto è fit­ti­zio: le per­so­ne che lo cir­con­da­no sono at­to­ri, anche se lui non lo sa; le case, le vie, i pa­laz­zi e per­si­no le azien­de sono state co­strui­te in­tor­no a lui ed anche l’al­ba, il tra­mon­to, il sole, la luna, il cielo, la piog­gia e le tem­pe­ste fanno parte di un gran­dio­so stu­dio sce­no­gra­fi­co che rac­chiu­de que­sto mondo a parte sotto una im­men­sa cu­po­la, vi­si­bi­le per­si­no dallo spa­zio. Den­tro di essa è stato ap­pron­ta­to un mi­cro­co­smo a sè stan­te nel quale la fi­gu­ra di Dio è sur­ro­ga­ta dal re­gi­sta dello show ed il pub­bli­co a casa o nei lo­ca­li pub­bli­ci può as­si­ste­re inin­ter­rot­ta­men­te dallo scher­mo del pro­prio TV al corso degli even­ti che coin­vol­go­no il pro­ta­go­ni­sta, ana­lo­ga­men­te a quel­lo che av­vie­ne, fatte le do­vu­te pro­por­zio­ni, per il già più volte ci­ta­to ‘Gran­de Fra­tel­lo’ e mo­del­li si­mi­la­ri. (…) Tru­man è vis­su­to se­re­na­men­te per molti anni in una so­cie­tà pre­co­sti­tui­ta. Le per­so­ne in­tor­no a lui si sono sem­pre di­mo­stra­te sim­pa­ti­che ed ami­che­vo­li nei suoi con­fron­ti ed i suoi pro­ble­mi sono sem­pre stati ir­ri­so­ri e fa­cil­men­te ri­sol­ti. Solo uno shock in età ado­le­scen­zia­le lo ha con­di­zio­na­to si­no­ra: la morte per an­ne­ga­men­to del padre, si­mu­la­ta pure quel­la ov­via­men­te, du­ran­te una tem­pe­sta in mare a bordo di una barca a vela, che gli ha in­dot­to un ri­fiu­to pre­ven­ti­vo verso le di­ste­se d’ac­qua in ge­ne­re. Un epi­so­dio ge­ne­ra­to ad arte per evi­ta­re che gli ve­nis­se in se­gui­to la ten­ta­zio­ne di usci­re dal­l’i­so­la nella quale è co­stret­to a vi­ve­re come in una pri­gio­ne do­ra­ta, a sua in­sa­pu­ta. Du­ran­te un’in­ter­vi­sta esclu­si­va ad un an­chor­man della TV Cri­stof ri­spon­de ad una te­le­fo­na­ta in di­ret­ta di Sil­via, una ex ap­par­te­nen­te al cast della tra­smis­sio­ne, che lo ac­cu­sa di aver ma­ni­po­la­to la sua crea­tu­ra, obiet­tan­do che lui ha dato in­ve­ce a Tru­man la pos­si­bi­li­tà di vi­ve­re una vita nor­ma­le, men­tre il mondo che co­no­scia­mo abi­tual­men­te, quel­lo sì che è ma­la­to. E con­clu­de di­cen­do che Sea­hea­ven, la cit­ta­di­na-set dov’è am­bien­ta­to lo show, è come il mondo do­vreb­be es­se­re. Dando per scon­ta­ti i ri­fe­ri­men­ti a Metropolis di Fritz Lang (…) The Truman show è straor­di­na­rio dal punto di vista sce­no­gra­fi­co (Den­nis Gas­sner), non solo quin­di per i temi pro­vo­can­ti che pro­po­ne. È un film che col­pi­sce per la vi­sio­ne dis­sa­cra­to­ria e pe­ne­tran­te della no­stra ci­vil­tà vista at­tra­ver­so il po­te­re dei media. La ri­co­stru­zio­ne in stu­dio di una cit­ta­di­na ed un’i­so­la nelle quali gli au­to­ri ma­ni­po­la­no per­so­ne, cose e per­si­no gli sce­na­ri me­teo­ro­lo­gi­ci è im­pres­sio­nan­te ed in­quie­tan­te. Si trat­ta per­ciò di un’o­pe­ra in­so­li­ta nel pa­no­ra­ma del ci­ne­ma con­tem­po­ra­neo, di stam­po so­cio­lo­gi­co e fi­lo­so­fi­co, che coin­vol­ge vari stra­ti della no­stra ci­vil­tà po­nen­do seri in­ter­ro­ga­ti­vi pur in un con­te­sto stra­va­gan­te ed esa­spe­ra­to.”

(Maurizio Pessione, da Storiadeifilm.it)

 

 

 

 

Matteo Mazza

Domenica pomeriggio

 

 

 

Film cerniera tra i novanta e i duemila, coniuga l'autorialità di Weir alla genialità di Niccols e alla celebrità istrionica di Carrey. È un film importante per come mette in scena il potere dell'immagine sulla coscienza dell'individuo ma anche per come "tratta" lo spettatore, vittima e carnefice nel sacrificio di Truman. Ma anche, forse soprattutto, un grande saggio sulla libertà umana e sul rapporto con Dio. 

 

 

 

 

Giulio Martini

Domenica sera

 

 

 

 

 

Film profetico, strutturato con un iper-realismo d'epoca  che resiste meravigliosamente  al tempo per memorabili protagonisti gommosi e ebeti, devastanti dal dominio delle immagini. Pellicola epocale,inimitabile.

 

 

 

Angelo Sabbadini

Martedì sera

 

 

Passa il tempo anche per il miticoTruman Show: venti anni fa un incubo, oggi un sogno. Se il pubblico del secolo scorso si commuoveva per il coraggioso Truman Burbank, oggi il pubblico del nuovo millennio è disposto a fare carte false pur di entrare nel simulacro dal quale fuggiva a gambe levate Jim Carrey. Rimane la capacità del film di fare riflettere e si apprezza la professionalità di Peter Weir che con grande mestiere si mette al servizio della sceneggiatura di Andrew Niccol. 

 

 

 

 

Carlo Caspani

Mercoledì sera

 

 

Vent'anni dopo, il Truman Show tiene ancora benissimo. Anticipatore della deriva televisiva dei reality, esempio di cinema di "fantascienza" superato dagli eventi, ma ancora efficace racconto zeppo di riferimenti e contenuti sociali, filosofici e perfino teologici. Ai marginidel racconto, ma "dentro" al film continua a esistere il grande coprotagonista, il pubblico, cioè noi, illuso di vivere una vita migliore sbirciando e partecipando una storia altrui surrogata, commerciale, oppressiva da cui uscire, come fa il Vero Uomo Truman, in una squeenza tra le più efficaci e dimboliche del cinema contemporaneo. propedeutica una visione ravvicinata del poco valorizzato "Reality" di Matteo Garrone

 

 

Carlo Caspani

 

Giovedì  sera

 

 

 

 

 

 

 

 

Giorgio Brambilla

 

Venerdì sera

 

 

 

È sempre bello rivedere un film come The Truman Show, nel quale è raccontata con una forma intrigante e perfettamente costruita una storia che rimanda a due tipi di temi. I primi sono sempre più attuali, e sono quelli legati ai media: la loro sempre maggiore pervasività, l’incapacità degli spettatori di distinguere ciò che è autentico da ciò che è artificiosamente costruito, così come la dipendenza creata dalle immagini, ben illustrata dalle diverse reazioni nel finale. Tra i secondi rientra il desiderio dell’uomo di farsi Dio, che lo trasforma in una sua  una patetica scimmiottatura, incarnato da Christof, che vede il mondo da lui creato da migliaia di punti di vista, decide quel che deve accadere, si comporta da presunto padre, controlla il vento e il mare (come Gesù, solo che li scatena invece di placarli); oppure il fatto che l’uomo sia obbligato a decidere se vivere in un mondo color pastello ma falso o arrischiare il salto nel buio della libertà, per arrivare a una vita autentica, perché non fummo fatti “a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”; questi, semplicemente, sono eterni.  Da applausi.