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Il filo nascosto

 

da domenica  10   a  venerdì 15 marzo 2019

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IL  FILO  NASCOSTO

regia di Paul Thomas Anderson

 

 

: “Londra, anni Cinquanta. Reynolds Woodcock, celebre stilista, fa palpitare il cuore della moda inglese abbigliando la famiglia reale, le star del cinema, le ricche ereditiere, le celebrità mondane, le debuttanti e le signore dell'alta società. Scapolo impenitente, le donne vanno e vengono nella sua vita, offrendo compagnia e ispirazione. Lavoratore bulimico e uomo impossibile, Reynolds dispone delle sue conquiste secondo l'umore e dirige la sua maison con aria solenne, affiancato da Cyril, sorella e socia altrettanto ieratica. Mr. Woodcock ha un debole per la bellezza che riconosce in Alma, cameriera in un hotel della costa dove si è fermato per un break(fast). La giovane donna, immediatamente sedotta da quel ragazzo affamato, lo segue a Londra e ne diventa la musa. Stabilitasi nella casa di Knightsbridge, Alma rivela presto un carattere tenace, vincendo lo scetticismo di Cyril, che la crede di passaggio, e accomodando le (brusche) maniere del suo Pigmalione. (…) Tracce invisibili, fili nascosti, pensieri ricamati e cuciti nelle pieghe, negli orli, nei risvolti. Al loro fianco ma al centro del racconto c'è l'Alma di Vicky Krieps, rivelazione che non cessa di sorprendere di fronte a un personaggio e a un attore che hanno perfezionato il punto di incandescenza del proprio ruolo. Persuasi entrambi della propria onnipotenza, saranno ridotti all'impotenza da una donna sottostimata. Mostro di misoginia, Reynolds ha fatto dell'oggettivazione delle donne la sua professione ma con Alma il rapporto di forza si inverte progressivamente. Drammaturgicamente più forte, si impone come un personaggio di cui non sapremo mai tutto ma il cui volto dice tutto della sua maniera di attraversare il mondo. È lei a svolgere e riavvolgere l'arco narrativo di Reynolds, confidandosi a terzi e costringendolo in una forma di infantilizzazione. Regressione, del resto, perfettamente logica per un uomo ossessionato dalla madre, ideale al quale Alma vorrebbe sostituirsi prima all'insaputa di Reynolds e poi con la sua benedizione. È suo il punto di vista da cui scopriamo Reynolds Woodcock, monomaniaco fissato col magenta e i codici dell'alta borghesia. Con lei entriamo in una vita scrupolosamente pianificata dove ognuno trova il suo posto, dove le seccature vengono risolte secondo una routine stabilita, dove si respira una freddezza mortifera e sopravvive il fantasma di una madre defunta. (…) Lo sviluppo passionale convenzionale cede il passo a un gioco di manipolazione, una codipendenza tra appassionati schiavi del dolore, coerente con l'immagine delle relazioni umane che l'autore ha l'abitudine di indagare lungo le derive del sogno americano. Tutto oppone Reynolds e Alma, a partire dalla classe sociale, ma la seduzione che esercitano l'uno sull'altra testimonia il motivo di predilezione dell'opera di PTA, la lotta tra materia e spirito. Questa lotta è messa in scena ancora una volta con precisione millimetrica dentro interni ipnotici, dove si consuma lo spettacolo affascinante di miseria e acquisto spirituale, agisce l'ideologia autodistruttiva e tossica dell'alta società londinese, la sua falsa apparenza e la nevrosi che dissimula. In un film apertamente psicologico, l'autore infila scena dopo scena verità eterne sulla dualità, l'ambiguità, l'inversione possibile dei ruoli dominante e dominato.”

( da mymovies.it)

 

 

 

 

 

Matteo Mazza

Domenica pomeriggio

 

 

Un film sull'essenza dei sentimenti, fatti di memoria e desiderio, tradotti dalla fame e dalla sete, immersi nel patire e nel donare. Autore di una forma cinematografica pura, P. T. Anderson è regista del sublime, architetto dell'invisibile ponte che tiene insieme le relazioni umane, scrittore di una vicenda che stringe eros e thanatos, presenza e assenza, nascere e morire, ricordo e immaginazione. Il suo film è elegante ma non vanitoso, puntuale, ordinato ma disperato e aperto

 

 

 

 

Giulio Martini

Domenica sera

 

 

il film è disegnato con estrema cura ed  imbastito attorno a tre  insiemi di segni & simboli  ( la scala, gli abiti , il mangiare ). Permettono al regista di ricamare - a lungo -  attorno ad un solo tema : la sfida tra dominante e dominato, tra affamato ed affamante, tra mortificante e mortificato.  Non è la storia di Pigmalione, non è quella de "La scuola delle mogli", ma il feroce ritratto di un dittatore viziato. Il manipolatore di figure femminili, confezionate per anni a sua immagine e somiglianza, viene lentamente e completamente ri-voltato  e  ri-modellato  da chi  ne scopre il perverso gioco professionale ed  amoroso, punzecchiandolo ,spillo dopo spillo, ed arrivando a  scovare e scucire il  risvolto  segreto della  suo  abito mentale. Messo in forma con un taglio narrativo sicuro, rifinito con scelte visive squisite, recitato  - in perfetto stile  anglosassone/retrò  - intrecciando  ingarbugliati narcisismi e perfide mosse infingarde , il film è infine  agghindato da una sontuosa colonna  sonora, fatta  di citazioni classiche e di frangiati ritmi diversi, ma cosi ben avvolta  al  sinuoso racconto psicologico  da trasformarlo, anche sul versante sonoro, quello straordinario prodotto elitario che ci sfila elegantemente sotto gli occhi  in un'atmosfera ipnotica,fascinosa ed assolutamente d'alta classe.

 

 

Angelo Sabbadini

 

Martedì sera

 

 

L’amore come estenuante sfida di potere: Paul Thomas Anderson mette la sua cinepresa maniacale al servizio della passione estrema tra Reynolds e Alma. Reynolds veste la sua musa con un talento inimitabile; Alma mette a nudo la fragilità di Reynolds con amorosa determinazione. Attori straordinari per un intenso balletto a due con un invadente coro femminile in una inquietante maison d’alta moda tra clienti d’alto bordo e fantasmi edipici.

 

 

 

 

Carlo Caspani

 

Mercoledì sera

 

 

Paul Thomas Anderson si conferma Autore a pieno titolo con questo Phantom Thread, filo fantasma che cuce con tecnica raffinata e svolgimento perturbante una serie di argomenti a lui cari messi in scena in una ambientazione impeccabile e una recitazione più che all'altezza da parte dei protagonisti. Ma è il contenuto, più che la forma, a lasciare  affascinato e nel contempo disturbato lo spettatore, come sempre accade nei suoi film.  Senso della morte onnipresente, legami famigliari (il "fantasma" materno, la sorella alter ego e protettrice),  una donna-manichino che si rivela  a sua volta dominatrice, veleni, ricami, parole e ciocche di capelli nascoste, superstizioni, un sogno  finale di maternità e famiglia e un'accettazione del rischio, in nome dell'amore e della complicità a difesa della propria "ars sutoria", in un continuo gioco di ribaltamento tra dominante e dominato, come spesso accade quando passione e desiderio si fondono e confondono.

 

 

Giulio Martini

 

Giovedì  sera

 

 

 

 

 

 

 

 

Giorgio Brambilla

 

Venerdì sera

 

 

 

 

Paul Thomas Anderson costruisce un film nel quale tra un sarto Gallo-di-Legno (Woodcock) e una cameriera molto più umana (Alma) scatta un amore improvviso, attraverso il quale passano la dialettica servo – padrone di Hegel, le relazioni sadomasochistiche sartriane tipo “l’inferno sono gli altri”, il Complesso di Edipo di Freud e tanto altro ancora, splendidamente fotografato e magnificamente recitato. Un film di una densità incredibile, nel quale ogni inquadratura è perfetta in sé e inserita nello sviluppo di una storia tanto assurda da raccontare quanto affascinante da vedere: una coppia che fila il tessuto del proprio equilibrio a partire da una trama fantasma - quella del titolo originale -, che consiste nel fatto che la modella, ogni tanto, lo avvelena, per farlo regredire a  bambino indifeso - infantile e viziato lo è già sempre -, e poter quindi prendere accanto a lui il posto dell’ingombrante madre morta, come pure dell’amatissima sorella viva, salvo poi farlo tornare nel pieno del proprio vigore, a sublimare il sesso quasi assente con il cibo ed il lavoro, in una fortissima tensione erotica che va a braccetto con la pulsione di morte. Siamo di fronte a un’opera d’altri tempi, e non solo per l’ambientazione. Basta che funzioni, direbbe Woody Allen