Marco Massara
Domenica pomeriggio
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Troppo banale dire :”E’la stampa, bellezza!”.
Perché in effetti c’è molto di più; “The post” infatti, ed è una cosa che apprezzo molto, è un film capace di ‘cambiare pelle’ progressivamente mentre si sviluppa. Sicuramente è un ‘press-hero movie, ma sa essere un po’ spy-movie e addirittura diventare addirittura un dinasty-movie quando tocca le corde dell’orgoglio della famiglia da generazioni proprietaria del ‘Washington Post’.
Chi ama il cinema ha sempre un po’ di pregiudizio verso le ‘storie vere’: si sa come va a finire, ma in certi casi, come questo, diventa interessante vedere COME (nel senso di ‘in che modo’) va a finire. “The post” dosa con equilibrio, speranze, tentennamenti e frustrazioni, spinge lo spettatore ‘fare il tifo’ per i protagonisti al punto da fargli perdonare lo scontato sberleffo finale dell’inquadratura del Watergate Hotel, dopo che la silhouette di Nixon ha appena detto “nessun giornalista del Washington post” entrerà più alla Casa Bianca” (!).
Tom Hanks (si fa quasi fatica a riconoscerlo con una inedita acconciatura) mostra una quasi altrettanto inedita fisicità di gesto, mentre la Streep, a cui viene costruita una scena (quella della lettera) ad hoc in cui mostra tutta la sua recitazione’ oltre le parole’, è semplicemente perfetta nella parte. Fa un certo effetto rivedere l’ambiente originale dove è stato girato ‘Tutti gli uomini del presidente’ e fa piacere ritrovare le macchine da scrivere anziché i computer e, al posto degli invasivi ed invadenti cellulari, un bel telefono nero con cui Hanks dà l’ordine di far partire le rotative. Un film bellissimo e necessario.
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Giulio Martini
Domenica sera
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nella folta selva dei film americani sulla stampa ed il primo Emendamento si cerca un percorso meno scontato, piazzando al centro una donna, una "casalinga" costretta a fare la manager. E pur senza farne un film femminista,sottolinea di continuo lo scontro con i maschi: non solo Nixon , ma anche tutti gli altri, compresi i suoi collaboratori ed amici, fino a a Mc- Namara e al suo Direttore- Il tutto in realtà serve al Regista per dar contro al lubrico Trump e alla sue infinite fake news. Il film stenta a prendere slancio e a mettere a fuoco il tema effettivo di interesse, ma poi ingrana ed riesce ad evitare una troppa facile retorica sull'argomento, grazie soprattutto agli attori.
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Angelo Sabbadini
Martedì sera
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Uno Spielberg in gran forma regala ai visionari del Bazin un film old fathion disegnato da una macchina da presa di straordinaria fluidità ed efficacia. Piace la riproposizione di un cinema civile che dopo Lincoln e Il ponte delle spie racconta il passato per farci comprendere il presente. E il vecchio, caro cinema nelle mani sapienti del regista di Cincinnati si dimostra ancora in grado d’infiammare l’uditorio con le sue lezioni di storia e di democrazia.
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Carlo Caspani
Mercoledì sera
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In questi anni Spielberg alterna cinema di evasione tecnicamente sofisticato e cinema "didattico" dove, narrando vicende di storia recente o quasi contemporanea americana, intende lanciare messaggi forti per l'oggi e per il domani. Il tutto senza rinunciare alle sue caratteristiche autoriali: drammatizzazione, tocchi di alleggerimento ironico, movimentazione nelle scene di raccordo per alleggerire i dialoghi e le situazioni ... The Post è apparentemente antispettacolare, rende omaggio anche al cinema del passato (da" Il colosso d'argilla" a "Tutti gli uomini del presidente") e così facendo prende posizione in modo chiaro, netto, politico. Sarà anche uno Spielberg minore, ma...=
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Giulio Martini
Giovedì sera
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Giorgio Brambilla
Venerdì sera
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Steven Spielberg costruisce un film alcuni valori fondamentali situandolo in un preciso contesto storico, quello della guerra del Vietnam e del “caso” dei Pentagon Papers, conferendo al testo una dimensione estremamente concreta. L’ideale la fa però da padrone, e lo si mostra attraverso la mobilità della macchina da presa, che evidenzia quale decisiva battaglia sia ingaggiata con la difesa della libertà di stampa, così come la scrivania tremante dell’ottimo Ben Bagdikian incarna gli sconquassi portati dalla diffusione della verità. Ma sono in particolare i personaggi a incarnare questi valori: il “pirata” Bradlee, ma soprattutto l’editrice Kay Graham, che deve fare le scelte più dure, che le fanno rischiare il proprio giornale, che significa l’eredità di famiglia ed il lavoro dei propri dipendenti, ma anche mettere in crisi rapporti di amicizia e una certa immagine di sé. È bravissima Meryl Streep a mostrare il percorso di questa donna in un mondo di uomini, dall’esitazione che la rende irrilevante alla forza di assumersi in pieno il ruolo che le compete, andando oltre i pregiudizi di tutti, inclusi i suoi. Un film classicissimo, ma esemplare nella sua semplicità e, purtroppo, assolutamente attuale.
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