Titolo

The greatest showman

 

da domenica 27 gennaio   a  venerdì 1 febbraio 2019

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THE GREATEST SHOWMAN

regia di Michael Gracey

 

 

 

: “Inizio Ottocento. Phineas Taylor Barnum è il figlio di un sarto che muore catapultando il bambino nel buio di un'infanzia dickensiana. Ma Phineas Taylor crede nel sogno americano di inventarsi un'identità nobile ritagliata dalla stoffa dei sogni, e il suo amore di gioventù, la dolce Charity, abbandona i privilegi della propria casta bramina per seguire le visioni di quello che diventerà suo marito e il padre delle loro due figlie. Per Barnum, convinto che ogni progetto debba essere realizzato "cinque volte più grande, e dappertutto", nulla è abbastanza: non il Museo delle stranezze che edifica nel centro di Manhattan per lo sgomento (e la curiosità morbosa) dei newyorkesi, non il circo che porta il suo nome in cui si esibiscono la donna barbuta e il gigante irlandese, il nano Tom Thumb e i gemelli siamesi.(…) Phineas Taylor diventa così il simbolo dell'urgenza vitale e del diritto inalienabile di calcare il palcoscenico e fare spettacolo, anche mescolando arte popolare e arte nobile. Sotto questo profilo non c'è scena più efficace nel film della danza fra una trapezista di colore e il partner d'affari di Barnum, il rampollo dell'alta borghesia newyorkese Philip Carlyle, che raffigura il rapporto fra strati sociali (e fra cultura "alta" e "bassa") come un movimento interdipendente di elevazione e di discesa (con tanto di cadute rovinose) sviluppato lungo un asse verticale, ma anche lungo una traiettoria ellittica che avvicina e allontana i personaggi con ciclica regolarità. Lo sviluppo ellittico (anche a livello di sceneggiatura) attraversa tutta la narrazione filmica, rendendo quella di Barnum (non a caso l'inventore del circo a tre piste, fatto di cerchi occasionalmente intersecabili) una cosmologia i cui i pianeti orbitano l'uno in relazione all'altro (alcuni convinti di essere il centro del proprio universo), seguendo una linea obliqua che li accosta e poi bruscamente li separa, e facendo del momento in cui maggiormente si accostano (un bacio, il tocco di una mano) lo stesso che li scaglia il più lontano possibile gli uni dagli altri. (…) Michael Gracey, regista di The Greatest Showman, è lui stesso un po' Barnum: self made man australiano come la star del suo lungometraggio d'esordio, giovane e ambizioso, intento a lasciare il segno nel cinema hollywoodiano come nel musical anglosassone (con ben presente il conterraneo Baz Luhrman), partendo da un solido background come regista pubblicitario e realizzatore di effetti speciali - cioè mago. Gracey ha preso una sceneggiatura firmata da un peso piuma come Jenny Bricks e l'ha fatta riscrivere da un peso massimo come Bill Condon, autore di adattamenti cinematografici di musical di enorme successo (…) The Greatest Showman è spettacolo, frenetico ed eccessivo come un tripudio circense, potentemente ritmato e magnificamente orchestrato, mistificatore come deve essere ogni show (e come è il cinema, dai tempi della lanterna magica), ma soprattutto accessibile ad ognuno di noi. Perché questo Barnum legittima soprattutto l'aspirazione di ognuno di noi ad entrare in scena, che sia da prima ballerina, o da alberello della scenografia.”

(Paolo Casella, da mymovies.it)

 

 

 

 

 

Marco Massara

Domenica pomeriggio

 

 

Non solo musical e spettacolo, per altro di buon livello. Il film  lavora anche, come in contrappunto, inserendo richiami evidenti al desiderio di far spettacolo, al senso della ‘famiglia’ dei circensi e del loro rifiuto da una parte della società ‘normale’ ed all’eterno nemico del circo: il fuoco.

Come il circo a tre piste (invenzione di Barnum) che suggeriva all’occhio dello spettatore percorsi ellittici, “The greatest showman” ogni tanto fa significative disgressioni da un percorso lineare rimbalzando con buon ritmo tra le tre relazioni sentimentali del protagonista di cui disegna un ritratto non agiografico, ma certamente affascinante.

 

 

 

 

Giulio Martini

Domenica sera

 

 

 

il film gioca a carte scoperte:vuole riempirci gli occhi e non farci pensare,così come intendeva Barnum.Rispetto a quello del '34 questo è un ritratto da sogno, senza nessi credibili con la storia e la realtà stessa delle emozioni. Ma né al regista né al pubblico in questa situazione  ludica interessa la verosimiglianza. Qui è tutto meraviglioso e strano.Anche l'orrido è fascinoso,anche il pericolo è solo puro spettacolo. Il piacere di farsi stupire pur sapendo che cose non stanno proprio come sembrano,la vince al Circo sul tutto per il nostro unico piacere di divertirci. E così fa il film.

 

 

 

Angelo Sabbadini

Martedì sera

 

 

Il circo Barnum ha chiuso la sua gloriosa attività nel 2017. E la vita del suo controverso e leggendario ideatore Phineas Taylor Barnum sembra essere già pronta per il cinema: Geniale ed abbietto allo stesso tempo P.T. Barnum è stato uno degli inventori della cultura pop. Un soggetto ghiotto per Bill Condon che tra le mani aveva un personaggio potenzialmente eversivo ed eccentrico. Ne è venuto fuori un musical gradevole e innocuo che evita accuratamente ogni possibile inciampo problematico e punta alla piacevolezza e a una superficiale moraletta. Diverte Hugh JacKman che, nonostante l’età non più verde, gioca a fare l’amoroso tra canti e legnosi passi di danza.

 

 

 

Carlo Caspani

Mercoledì sera

 

 

PT Barnum, inventore del circo e dello show business moderno, in una nuova versione cinematografica, storicamente infedele ma appagante per gli appassionati del genere musical, rinato a nuova vita in questi anni con film di ben altra capacità innovativa rispetto alla struttura classica del cinema dell'età d'oro. Vanno riconosciuti grande impegno musicale e di effetti , questi sì, in linea con i tempi, in una favola irreale a lietissimo fine centrata sull'elogio della diversità, la determinazione imprenditoriale, l'amore famigliare che allieta e risana. Il vero PT, del resto, morì quattro anni prima dell'invenzione dei fratelli Lumiere...=

 

 

Rolando Longobardi<

 

Giovedì  sera

 

 

il genere musical indubbiamente ha il pregio di evidenziare la trama talvolta poco credibile della vita di un uomo tipico della cultura imprenditoriale americana di fine ottocento.

In fondo Barnum non è un filantropo, nemmeno un sindacalista. E' un tipico imprenditore sufficientemente cinico e maschilista capace di mettere tutti i pezzi del suo scacchiere al posto giusto. I Freak che lavorano per lui, e non con lui, gli restano fedeli perchè si sentono in debito. La moglie perfetta in tutto accetta anche le sue "uscite" così come le bambine, perfette donne del sistema borghese del 1900.

Tutto questo passa in secondo piano grazie alle canzoni e al ed ai colori ritmo circensi.

Sarebbe bastato, un disco, magari in vinile.

 

 

 

Giulio Martini

Venerdì sera