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I segreti di Wind River

 

da domenica 6 gennaio   a  venerdì 11 gennaio 2019

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I SEGRETI DI WIND RIVER

regia di Taylor Sheridan

 

 

 

Vincitore a Cannes 2017 per la Migliore Regia Un Certain Regard, e di 8 lunghissimi minuti di applausi, il film viene definito da Wikipedia un neo-western murder mystery film. In effetti, pur un po’ troppo complicata, questa definizione riassume tutto: siamo nel Wyoming, quindi l’ambientazione è western; la storia ruota intorno a due delitti dei quali va chiarito il movente e individuato il colpevole, dunque appartiene al genere poliziesco. Parlando di I segreti di Wind River, il regista ha dichiarato la sua volontà di farne la conclusione di una trilogia tematica che esplora la moderna frontiera americana. Dopo la violenza che caratterizza il confine tra Stati Uniti e Messico in Sicario e il divario tra immensa ricchezza e povertà nella Comancheria del Texas in Hell or High Water (sono entrambi i due precedenti film di cui ha firmato la sceneggiatura), I segreti di Wind River vuole esplorare uno degli aspetti più tangibili della frontiera americana e forse uno dei suoi più grandi fallimenti: le riserve dei nativi americani. La sua trilogia è una personale esplorazione dei nuovi luoghi che definiscono l’identità americana. L’ispirazione per il film è nata dal rapporto confidenziale fra Sheridan e le comunità indiane, specialmente Navajo: “Ho stretto queste amicizie che sono durate negli anni. È l'unico film che posso dire di aver fatto per i miei amici, ed è per questo che ho deciso di dirigerlo in modo che qualcuno non lo rendesse diverso”. Presentato anche al Sundance Film Festival, il film ha ottenuto il plauso della critica e ha incassato solamente negli Stati Uniti oltre 33 milioni di dollari: grande risultato, visto che il budget ammontava a 11 milioni di dollari. A entusiasmare gli spettatori sono stati l'atmosfera claustrofobica, l'uso sapiente dei modi del genere thriller e le immense distese di neve.

 

 

 

 

 

 

Marco Massara

Domenica pomeriggio

 

 

Il film perfetto per la serata del 18 luglio (per me il climax dell’estate metropolitana). Scherzi a parte, una eccellente dialettica con una natura selvaggia al grado estremo, che fa saltare quasi tutte le regole della società civile e che mette il protagonista di fronte al compito di  ‘fare la cosa giusta’ anche per guarire dalla ferita morale che si porta dentro. Un mondo a parte, anche se l’autostrada, indifferente, è a meno di un chilometro.  Grandissimo Jeremy Renner!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Giulio Martini

Domenica sera

 

 

 

Si può superare il dolore lancinante della più impietosa umiliazione ed  della  più feroce crudeltà, che sembra togliere senso alle cose e all'esistenza? Il film-, mettendo a netto contrasto tanti animali  aggressivi e altrettanti uomini sanguinari  con un panorama immacolato e 4 fragili figure femminili "non protette", toglie ogni vera speranza . Al di là di una  lenta elaborazione del lutto, fatta con  tecniche moderne o con riti antichi, non si può far nulla contro la bestialità. Si salvano solo i ricordi migliori, ma non c'è vera consolazione che ponga  rimedio al  male più nefando che macchia  indelebilmente un Mondo pensato, da ingenui  sognatori, perfetto e  sereno.  Con una limpida struttura narrativa, rielaborando  acutamente i lati oscuri della mitologia western, i suoi simboli, le sue figure retoriche ed i suoi panorami, il film disegna una precisa parabola metaforica, giustapponendo metropoli utopiche a false dimensioni  naif,  figli  persi o massacrati a genitori incapaci di aiutarli, nativi straziati dai colonizzatori e stupri multipoli. Senza eccedere in durezze, ma lasciandosi dominare da una tonalità dolente  Sheridan  si distingue dalle rabbiose  pellicole USA contemporanee per una scelta più rassegnata, uno  stile più  asciutto, ma replica un' identica - ormai insistita e ricorrente -  denuncia  della  cupa  perversione del sogno americano.

 

 

 

Angelo Sabbadini

Martedì sera

 

 

Taylor Sheridan chiude da par suo la trilogia dedicata alla frontiera con un film ferino e implacabile che recupera con grande intelligenza gli stilemi del genere western. L'esito è un film di spietata efficacia narrativa che lascia lo spettatore sgomento davanti alla brutalità di un rozzo e tragico universo senza redenzione e riscatto.

 

 

 

Carlo Caspani

Mercoledì sera

 

 

In patria considerato poco più che un buon action movie, con sottolineature a qualche errore tecnico e di dettaglio (si sa, c'è sempre chi guarda il dito e non la luna...), da noi, complice un premio a Cannes. Wind River è stato più apprezzato a livello di contenuto, e con ragione. Il rapporto uomo/natura, dove l'avida crudeltà del primo non potrà mai avere ragione della fredda forza indifferente della seconda; i riti, le usanze e la forza emotiva che ne derivano per i nativi e per chiunque vi si trovi a vivere; la solita passione tutta americana per armi e sparatorie che qui, per una volta, trova un suo senso, anche se non condivisibile; la "giustizia" della natura verso chi è debole e non rispetta chi gli è inferiore per forza fisica... tanta roba, direbbero i ggiovani

 

 

 

Giulio Martini

Giovedì  sera

 

 

 

 

 

 

Giorgio Brambilla

Venerdì sera

 

 

 

 

Taylor Sheridan costruisce un western contemporaneo sia per l’ambientazione, sia per i personaggi complessi (nessuno è completamente buono), fondendolo con il noir, che queste caratteristiche le ha da sempre. Il bianco e il freddo della neve sostituiscono la sabbia ed il sole cocente, raffreddando l’eroismo del genere e mostrando i mitici conquistatori del cinema delle origini trasformati in rapaci individui che, come l’America stessa, portano via tutto ai nativi: le ricchezze naturali, la vita e la dignità. Ma il conto viene pagato, perché solo i più forti sopravvivono in questo mondo così duro, e una “giustizia” spietata alla fine “trionfa”, permettendo alle vittime almeno di piangere insieme e raccontando un dolore che, per una volta, invece di dividere unisce, e riporta un figlio decisamente prodigo tra le braccia di due genitori inconsolabili. Il massimo della catarsi che si può ottenere in un mondo così, con il quale è meglio non combattere, perché comunque vincerebbe lui.