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Suburbicon

 

da domenica 16 a venerdì 21 dicembre 2018

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SUBURBICON

REGIA DI G.Clooney

 

: Nel decennio che seguì la Seconda Guerra mondiale, l’emergente middle class americana iniziò a stabilirsi nei sobborghi intorno alle città: case idilliache, con costi accessibili e in comunità ben organizzate. Per molti il sogno americano di possedere una casa diventava una realtà per la prima volta.“Il Governo aiutava i veterani ad acquistare una bella casetta con un garage e un giardino. Potevi trovare un buon lavoro, avere un bel vicinato e crearti una famiglia, se eri bianco” dice Clooney. “La cosa divertente è rimuovere quella patina della perfetta vita casalinga e vedere quanto le cose possono degenerare.”

 

 

 

 

 

Marco Massara

Domenica pomeriggio

 

 

Ho sempre amato la dimensione metropolitana e diffidato dalla quiete apparente della provincia, tutta lindore e polvere nascosta sotto al tappeto. George Clooney mi dà ragione in questo film amaro e popolato di una ‘salutare’ cattiveria. Se da una parte aleggia l’atmosfera nichilista dei Coen  delle origini, dall’altra il Clooney ‘liberal’ ci mette del suo ‘esagerando’ sul tema dello scontro razziale e finendo per relegarlo a falso problema, perché le vere nefandezze sono dall’altra parte della strada. Tuttavia nell’ultima inquadratura i due adolescenti che hanno perso l’innocenza si mettono a giocare, separati però da una barriera, sottile quanto si vuole, ma ineludibile.

 

 

 

 

 

 

 

 

Giulio Martini

Domenica sera

 

 

 

Costruito attorno a tre metafore fondamentali e ripetute in vario modo (  non voler vedere quanto sarebbe evidentissimo, costruire muri oppure serrare tende per aiutare i propri paraocchi mentali, considerare un inciampo ciò che si oppone ai nostri più scandalosi istinti ) il film ha una originale struttura con storie parallele che non si toccano  mai se non con i tenui contatti tra i due bambini. L 'idea di base è evidente : si vede solo quello che si vuole guardare. E anche le nefandezze peggiori non si colgono affatto se si hanno delle chiusure mentali assolute, mentre. se ne inventano di false se è comodo immaginarle. Il film garantisce giuste auto - punizioni ai cattivi del racconto familiare, ma lascia come cani sciolti i razzisti della vicenda contigua. Il razzismo vince comunque ?

Non c'è il sarcasmo feroce dei Cohen e Clooney  addolcisce qua e là  il gusto velenoso complessivo. Ma l 'insieme regge piuttosto bene  il sapore sadico di fondo perché i parenti serpenti e i molti orchi della nerissima fiaba sono interpretati a dovere con la necessaria ambivalente gentilezza e ferocia.

 

 

 

Angelo Sabbadini

Martedì sera

 

 

Anche per i visionari del Bazin il valore del film si gioca tutto nel rapporto tra la sceneggiatura dei Coen e lo spunto di cronaca scoperto da Clooney: il documentario del 1957 "Crisis in Levittown". Il film segue due registri: la vena nera e iconoclasta dei Coen e l'interesse morale e politico di Clooney. Bella contrapposizione che il Clooney regista fatica però a risolvere con un epilogo adeguato.

 

 

 

 

Carlo Caspani

Mercoledì sera

 

 

George Clooney alle prese con una sceneggiatura "avanzata", si fa per dire,  dai fratelli Coen: ricostruzione impeccabile di mood, ambiente, musiche e costumi, due Julianne Moore al prezzo di una, Matt Damon crudele e cretino rappresentante della borghesia suburbana di tanti film e telefilm d'epoca (la tv, in questo film, vomita solo idiozie razziste sempre di moda...), comprimari all'altezza dei ruoli assegnati. Cosa non funziona? Il secondo binario della sottostoria con la famiglia di colore, volutamente stereotipato ma funzionale allo sviluppo narrativo della parte delittuosa, pensato probabilmente dal Clooney sceneggiatore politically correct per aggiornare una trama che, tra vene caustiche e cazzotti visuali in stile Coen, valeva comunque da sola il prezzo del biglietto

 

 

 

Carlo Caspani

Giovedì  sera

 

 

 

 

 

 

 

Giorgio Brambilla

Venerdì sera

 

 

Clooney mette in scena una vecchia sceneggiatura dei Coen riadattandola con loro e Heslov, unendo la capacità di mostrare l’orrore dei fratelli terribili con il suo impegno politico. Disegna dei “cattivi” per nulla affascinanti, individui pericolosi soltanto per la loro meschinità, pronti ad eliminare in modo orribile chiunque minaccia il loro distorto sogno (americano). Evidenzia come la loro malvagità si associ alla presunzione di essere nel giusto, sia che si tratti dei cittadini “perbene” di questa Suburra della provincia a stelle e strisce, sia di Gardner o Margaret, tutti convinti di difendere qualcosa a cui hanno diritto, per raggiungere la quale sono disposti a sacrificare degli innocenti, come il piccolo Nicky. Il film ne mostra la miseria attraverso il modo in cui li caratterizza, li fa parlare e morire: noi spesso ridiamo della loro morte, mettendoci in una posizione di superiorità tale che non possiamo vedere in loro alcuna grandezza.

Un piccolo spiraglio di positività si può vedere solo nelle figure dei ragazzi, che sanno guardarsi davvero, andare oltre il pregiudizio, e comunicare in modo autentico vivendo nel modo reale, non in immagine di sé da volantino pubblicitario