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Ritratto di famglia con tempesta

 

da domenica 6    a  sabato 12 maggio 2018

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RITRATTO DI FAMIGLIA CON TEMPESTA

regia di I.Kore'eda

 

Hirokazu Kore’eda è nato a Tokyo, nel 1962. Il suo esordio nel lungometraggio cinematografico, Maborosi (1995), tratto da una novella di Teru Miyamoto, è presentato in concorso alla Mostra del cinema di Venezia, dove vince l’Osella d’oro per la miglior regia. Ma è il film successivo, Wandfuru raifu, vincitore di molti premi in festival in tutto il mondo, a fargli raggiungere la notorietà internazionale. Distance, presentato in concorso al Festival di Cannes 2001, è incentrato sulle conseguenze del suicidio di massa degli adepti di un culto religioso ispirato a quello di Aum Shinrikyo. Il successivo Nessuno lo sa (Daremo shiranai), presentato in concorso all’edizione 2004 del festival francese, è basato su un tragico fatto di cronaca. Con Hana yori mo naho (2006) Kore’eda si cimenta per la prima volta con il film in costume e il genere per eccellenza del cinema giapponese, il jidai-geki, pur senza rinunciare al proprio caratteristico stile intimista. Dopo il dramma familiare Aruitemo aruitemo (2008), affronta un’altra sorta di “passaggio obbligato” per un cineasta nipponico, la trasposizione cinematografica di un manga. Gli ultimi suoi film di successo sono Father and son nel 2103 e Little Sister del 2015. Centrale nel suo cinema il tema dei legami personali e di quelli familiari in particolare.

 

rolando longobardi

domenica pomeriggio

Come se stesse dipingendo un quadro a più strati il regista Kore-eda traccia le linee di una e più vite che si intrecciano intorno ad un nucleo centrale che è la temesta/vita morte. In una Tokyo poco turistica e molto proletaria il riparo alle nuvole della vita è il cibo ed una casa asciutta; luogo nel quale ripensare a ciò che sarebbe potuto essere e non è stato anche perché le tempeste della vita semplicemente accadono. 
Sulla scia di Ozu, il film si mostra però lento e manierista. Nemmeno la sottile ironia aiuta lo spettatore. Si nota il cambio di stile registico, meno drammatico e cinico rispetto ai suoi ultimi lavori, ma questo non basta. Se l'intento era quello di fermare il tempo per consentire una riflessione sul sé, ci è riuscito solo in parte... il tempo è lento, quasi fermo ma la riflessione non parte.

giulio martini

domenica sera

in attesa del tifone rigeneratore, un papà/marito  vaga alla ricerca del misterioso punto di svolta - sbagliato - del suo cammino e da bravo investigatore privato indaga su sé stesso e sul  suo ruolo molto incerto di genitore, confrontandosi sia con il padre ormai assente sia con il figlio che fatica ad incontrare. Il suo problema è duplice : non ascolta i consigli della  madre - la stessa attrice de "Le ricette della signora Toku " -  eterno simbolo nella narrativa nipponica di una saggezza  zen che  si sta perdendo, ma non sa a che modello  maschile mai ispirarsi. Tuttavia il simpatico farabutto  ha forse ancora una chance da giocare, possibilmente - dice il regista  - senza affidandosi  stavolta al  devastante gusto per l'azzardo che da sempre lo attrae. Impostato ad una calma solenne, increspata da pochi guizzi improvvisi, il ritmo del racconto è meditabondo e  molto quieto.  Ma ci conferma, in un clima di  benevola commiserazione, che  la crisi della figura paterna non è soltanto questione occidentale (cfr. tanti film precedenti ) , ma ormai intacca anche il Sol Levante. Cosa  uscirne ?  Non si possono  seguire  le sirene di una modernità urbana caotica e bugiarda e  neppure si possono fare  sogni di un ritorno all'immobilità contemplativa del passato, perché i desideri incontrollati e le passioni  tempestose urgono  senza  che si sappia più tenerle a bada come una volta. Il regista ci fa pensierosi con lui, senza offrire speranze di  frettolose purificazioni nell'ultima sequenza, tipo " La tenerezza" o "Mancester by the sea".

angelo sabbadini

martedì sera

Shinoda Ryota: chi ha mai visto un giapponese così? Merito del regista Kore-eda Hirokazu che inventa un personaggio inetto che sembra uscito dalla penna di Italo Svevo e mette in scena una commedia melanconica dall'accuminato umorismo. Si guarda alla magistrale lezione di Ozu e il risultato, seppur lontano anni luce dall'originale, è di assoluto interesse.

carlo caspani

mercoledì sera

Cinema apparentemente di un altro mondo, ma sentimenti e interazioni famigliari non hanno confine o passaporto. In una Tokio dei sobborghi, somigliante  a tante altre periferie, una vicenda delicata di rapporti genitori/figli sul filo della commedia: ma il tocco lieve e le canzoni melodiche nascondono profondità di sentimenti e tematiche. Non è sprecato un accostamento a Ozu, in versione aggiornata per i nostri anni: quella madre e nonna che diventa il fulcro di tutto un piccolo mondo merita, alla fine, che il figlio fallito decida finalmente di crescere e mediare i propri sogni con le responsabilità che gli spettano, senza scommesse o lotterie

roberta braccio

giovedì sera

Una lente di ingrandimento sui sentimenti familiari, dove il sentirsi figlio è visceralmente legato all essere padre e alla responsabilità del proprio passato, subìto, e del futuro, da costruire. Un film molto giapponese che parla una lingua universale di una storia universale. Un film lento, come il tempo che necessitano gli ingredienti per amalgamarsi, come il tempo di cui hanno bisogno i legami; dall altra parte, una corsa frenetica ai soldi, tra aspettative, sogni e improbabili sotterfugi. Fa riflettere.

roberta braccio

sabato sera