Titolo

Il diritto di uccidere

 

da domenica 29 aprile   a  venerdì 5 maggio 2018

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IL  DIRITTO  DI  UCCIDERE

regia di G. Hood


Quasi una rappresentazione teatrale, in cui su un tema destinato a dividere vengono esposti i diversi punti di vista. I tre poteri dello stato - militare, giuridico e politico - si trovano a dover prendere una decisione in nome del male minore. Qualcuno innocente, in ogni caso, si farà male. Hood non fa sconti, esibendo cadaveri tra le macerie senza morbosità, ma con il piglio verista di chi vuole ricostruire con la massima fedeltà una vicenda esemplare. Sulla guerra che è e sulla guerra che sarà, soprattutto.

 

marco massara

domenica pomeriggio

Il cinema si conferma una meravigliosa macchina del tempo: nel “Dottor Stranamore” ci mostra  la paranoica guerra fredda, in “Hacksaw Ridge” ci porta nel centro della guerra sanguinosamente guerreggiata ed ora ci porta nella apparentemente asettica guerra “a distanza” delle operazioni chirurgiche pilotate dal risultato di un algoritmo.

Cambiano i nemici (il terrorismo) e nascono le nuove implicazione di carattere politico e legale che spingono  il film verso uno stile proprio da ‘legal movie’ che però non perde d’occhio la tragedia imminente e soprattutto si concentra sulla difficoltà del prendere una decisione. E qui si può solo sperare che l’emotività umana abbia sempre l’ultima parola. Peccato per un finale un po’ imbullonato; ci sarebbe stata migliore efficacia se il film si fosse chiuso sulla frase “Non chieda a un militare quanto può essere disumana la guerra”.

giulio martini

domenica sera

  con una  struttura  dialettica, processuale, analitica e
ad imbuto, il film  ci fa  "spettatori in poltrona" di un dilemma 
morale moderno, chiamando in causa  tecnologia, valori in conflitto,
sentimenti e  crudo realismo. La scelta di collocare molte donne  in posti-chiave una volta esclusivamente maschili nei film di guerra ( e una Helen Mirren  notevole ) mutano l'asse emozionale della situazione ,accentuano i fenomeni di proiezione/identificazione in sala, e caricano di un alone attualissimo uno schema bellico altrimenti quasi scontato:
non un videogioco, ma una riflessione dolorosa su questioni purtroppo oggi come ieri non eludibili, ben raccontata.

angelo sabbadini

martedì sera

Piace e fa riflettere il film di Gavin Hood: il suo occhio dal cielo gioca bene le sue carte e la costruzione da intelligente film dialogico coinvolge la platea del Bazin. Peccato per l’epilogo dove al regista sudafricano manca il coraggio e l’intuizione per una conclusione veramente memorabile che valorizzi tutta la progressione drammatica.

carlo caspani

mercoledì sera

Dietro l'uso abbondante, ma necessario, di effetti e ricostruzioni sofisticati, un film di solida costruzione classica e fattura inglese, a partire dagli attori principali (Helen Mirren impeccabile, l'ultima prestazione di Alan Rickman). Tempi e modi prevedibili, ma resta una pellicola destabilizzante per lo spettatore che da anni si sente ripetere dai media un sacco di balle sugli attacchi chirurgici, le bombe intelligenti, gli occhi dal cielo (l'efficace titolo originale) che tutto vedono e prevedono per colpire i cattivi, e solo loro, risparmiando i buoni e gli innocenti. La piccola panettiera keniota diventa elemento di suspence, partecipazione e sofferenza necessario a ricordarci che la guerra è guerra, e gli algoritmi percentualistici sulle vittime collaterali, la politica calcolata sui video di you-tube e i ricorsi a gerarchie di comando, avvocati di guerra e attacchi condotti come se fosse un videogame sono solo modi schifosi per non sporcarsi materialmente le mani di sangue e assopire le coscienze

giulio martini

giovedì sera

 

giorgio brambilla

venerdì sera

Gavin Hood costruisce un luogo virtuale collegando, grazie alle nuove tecnologie, i quattro angoli del mondo, per mettere in scena un dibattito intorno alla liceità di sacrificare una vita innocente per salvarne, probabilmente, molte altre. Ci mostra tutte le posizioni possibili: chi, semplicemente, non vuol prendersi responsabilità; chi ritiene che neppure una vita vada sacrificata; chi preferisce pagare un prezzo limitato per evitare stragi peggiori; chi si chiede, realisticamente, quanti nuovi kamikaze il video su youtube di un’azione di questo tipo può generare. La situazione è complessa, e non esistono soluzioni valide da tutti i punti di vista possibili. L’uomo, quando prova a farsi Dio, sostituendo il suo “occhio nel cielo” del titolo originale a quello del Padreterno, si accorge che la parte non gli si addice. Un film lucido, con qualche caduta retorica (il finale melodrammatico, con ralenti e lacrime, e la bambola del generale), ma sostanzialmente onesto e non banale