Titolo

virgin mountain

 

da domenica 25 febbraio a  venerdì 2 marzo 2018

 

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VIRGIN  MOUNTAIN

REGIA DI DAGUR KARI

 

: “Il regista Dagur Kári realizza un film (che ha già ottenuto numerosi riconoscimenti nei festival internazionali) di rara delicatezza su un processo di crescita tardiva evitando sapientemente le trappole della facile commozione e del trito patetismo. Il suo protagonista è un personaggio che racchiude sensibilità e bellezza dentro un ingombrante involucro sul quale, troppo spesso, gli altri si limitano a soffermarsi. La naïveté che lo caratterizza, però, non ne fa un perdente, tantomeno un infelice ma, al contrario, un uomo di animo leggiadro che, pur temendo di abbandonare le rassicuranti certezze di un’esistenza routinaria, si lascia andare gradualmente alle inevitabili trasformazioni che comporta la vita adulta. Non è un caso che l’inizio della metamorfosi coincida proprio con la scoperta del femminile e non soltanto con la coetanea che gli farà battere il cuore per la prima volta ma anche con la figlia del vicino che lo ha scelto come compagno di giochi. Le domande, dirette e senza filtri come solo quelle dei bambini sanno essere, che la ragazzina gli pone sono, in realtà, i piccoli grandi interrogativi della vita ai quali Fùsi ha sempre cercato di sottrarsi. Gunnar Jónsson interpreta il proprio personaggio esprimendo, dietro un’apparente impassibilità, gli impercettibili e altresì profondi cambiamenti di un uomo che non può più fuggire a sé stesso e a quella straordinaria avventura che è l’esistenza. Con grazia e ironia, Kári ci fa assistere alla crescita di Fùsi che non sarà priva di amarezza o di dolore ma anche di sorprendenti scoperte.”

 

(Eleonora Saracino, da cultframe.com)

  

giulio martini

sabato pomeriggio

costruito,in termini di immagini, su molte ricorrenze ( piccolo /gigantesco - miniatura /enormità -  bambino/adulto ) e su allusioni insistite  (  vari tapis roulant - vari cibi/ pasti   che sottolineano  in modo diverso  le  emozioni mutevoli del protagonista,  tinteggiature dei  giocattoli poi regalati  o dell'appartamento nuovo poi lasciato all'innamorata  ...)  il film  è un'ampia metafora sia sul  Protagonista sia sull'Islanda stessa,  "entità chiuse " che si devono aprire alla realtà del  Mondo ( la canzone richiesta al dj è :  "Island  in the stream "...) .  L'Islanda è una  terra incontaminata quanto è vergine  il mastodontico adolescente Fusi, in cui il Regista si specchia, come  succedeva già nel film Noi Albinoi. Girato con cura il film  riesce a scaldare  un poco alla volta il cuore pur muovendosi in un clima ed in un ambiente umano decisamente boreali.

giulio martini

domenica sera

 

angelo sabbadini

martedì sera

In Islanda, rispetto alla media della popolazione, esiste la più alta concentrazione di scrittori e registi: Dagur Kàri è uno di essi e il suo ultimo film "Fùsi" ripropone un modello consolidato di rappresentazione della realtà. Eccentricià dei personaggi, case/rifugio che sono tane di disperazione, istituzioni impermeabili ai bisogni dei cittadini, cieli plumbei e infelicità plurime. E nel cuore di tutti la fuga esotica come possibilità di salvezza e redenzione. Tutto già visto ma riproposto con nordica precisione e gusto dell'inquadratura.

carlo caspani

mercoledì sera

Nella fredda Islanda, sotto una montagna di ciccia inesperta alle vicende del sentimento e del sesso, batte il cuore di Fusi. Giocando sul contrasto tra aspetto esteriore (dell'omone, del mondo che lo circonda, degli ambienti di lavoro) e la sensibilità nascosta dei protagonisti, Dagur Kari ci regala il film più sentimentale dell'anno, con una delicatezza di tocco e di linguaggio che spiazzano e deliziano. Alla fine del viaggio, schivando il lieto fine zuccheroso che molti vorrebbero, Fusi resta solo, ma parte, viaggia, è diventato indipendente.

marco massara

giovedì sera
 

La traiettoria della nostra via è determinata dagli incontri che facciamo: alcuni  determinano situazioni stabili, mentre altri determinano dei cambiamenti di rotta che generano nuovi incontri.

 

Fusi lavora senza spostarsi mai nell’aeroporto , luogo simbolo del movimento. Sofia (permettetemi di italianizzarne il nome) raccoglie rifiuti e la  sua professione ne evidenzia la marginalità. Il loro incontro è contrassegnato da slanci ed arretramenti, piccole vittorie e repentine sconfitte. Fusi però riuscirà ad  ‘uscire dal ventre materno’, preparare la chiave di un futuro per Sofia e finalmente spiccare letteralmente il volo verso un futuro indefinito. Un modo di fare cinema che rinuncia ad ogni forma di appeal,ma che convince progressivamente lo spettatore regalandogli un finale da brivido.

giorgio brambilla

venerdì sera

Dagur Kári costruisce un film essenziale, che racconta senza enfatizzare in alcun modo quello che avviene in scena. Il suo stile è simile a quello del protagonista, il quale reagisce solitamente con una calma quasi inappropriata ad ogni evento che gli accade, probabilmente anche per il timore di distruggere quello che tocca, vista la sua considerevole stazza. Si inizia con un personaggio che viaggia all’interno di binari disegnati in un aeroporto, vede gli altri partire e conduce una vita assolutamente abitudinaria con la madre, al riparo da qualunque scossone, e si finisce con lo stesso uomo che parte verso quell’Egitto che aveva visto solo riprodotto nel suo plastico, dopo aver fatto un regalo assolutamente gratuito alla donna che ama e che lo ha rifiutato, pronto ad affrontare il mondo anche da solo, certo con la solita cautela. Un piccolo passo per l’umanità, forse, ma un enorme passo per il nostro Grande Gigante Gentile, non glamorous ma, proprio per questo, assai più autentico