da domenica 11 a venerdì 16 febbraio 2018
150 MILLIGRAMMI
REGIA DI EMMANUELLE BERCOT
“Esistono killer silenziosi che per i più sono praticamente impossibili da individuare. Si chiamano molecole e, alcune di esse, possono risultare fatali, come il benfluorex che per oltre 30 anni è stato utilizzato da quasi 3 milioni di francesi. Il nome commerciale è Mediator (in Italia noto come Mediaxal) e veniva usato nella terapia per il diabete anche se, di fatto, si prescriveva per la cura dimagrante. (…) Emmanuelle Bercot (attrice, sceneggiatrice e regista che, nel 2015, ha firmato l’interessante A testa alta) racconta la strenua battaglia di questo medico che, negli anni – la vendita di preparati a base di benfluorex è stata vietata nel 2010 – ha affrontato ostacoli di ogni sorta, mettendo a repentaglio la sua reputazione e la sua carriera giocando, come ultima e definitiva, la carta della stampa. Il suo libro, “Mediator, quanti morti?”, pubblicato da un piccolo editore locale, esplode come una bomba, la Servier fa causa e lo fa ritirare dalla vendita (anche se, più tardi, tornerà di nuovo in libreria) mentre la Frachon rischia, addirittura, di essere radiata dall’albo dei medici. La regista parigina, girando negli stessi luoghi in cui la vicenda si svolse, segue la sua protagonista in ogni fase della sua ricerca che, sempre più, assume i connotati di una vera e propria indagine investigativa. Attenendosi ai fatti, con una regia limpida e misurata, senza enfatizzare il carattere eroico di coloro che portano avanti questa accanita battaglia, la Bercot costruisce una sorta di thriller che mantiene alto il ritmo della narrazione e non si priva di un forte elemento emotivo rifuggendo altresì dall’intento subdolo della facile commozione.”
giulio martini
domenica pomeriggio
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la cocciutaggine della "ragazza bretone" ( cfr. Titolo originale ) è perfettamente interpretata dalla danese Knudsen, e - rispetto a vicende cinematografiche simili - qui l'eroina di turno viene caratterizzata con sottili sfumature emotive. E' un personaggio che non si fa mettere nell'angolo da nessuno ed è persino capace di portare a compimento la sua battaglia senza contraccolpi per il suo ruolo di moglie e madre. Per altro verso lo schema narrativo utilizzato ( Davide contro Golia ) è fin troppo collaudato , e qui svolto in modo - a tratti - ripetitivo. Fa comunque impressione l'argomento in sé e fa pure impressione constatare che il film è stato vittima nel circuito dei mass-media di un insolito "silenzio". Del resto chi ha mai osato fin ora affrontare sul grande schermo questioni medico e/o farmacologiche così delicate e complesse ? C'è quasi da chiedersi se la cura con cui le BIG PHARMA si fanno Pubblicità nella comunicazione di massa non sia anche tanto solerte nel bloccare presunti veleni - per loro - come questo film, che in realtà fa coraggiosamente molto bene alla salute mentale del pubblico. |
giulio martini
domenica sera
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angelo sabbadini
martedì sera
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Abbracciare il genere cercando di salvarsi l'anima autoriale. Questo in sintesi è l'assunto dell'opera di Emmanuelle Bercot. Chi la conosce e la stima soffre in silenzio davanti alla prevedibilità degli snodi narrativi del film, esplicitamente ispirati al genere del Medical Drama. Per carità alla fine la regista porta a casa il risultato ma la nostalgia per i precedenti, esagitati e passionali film della regista è dura a morire. |
carlo caspani
mercoledì sera
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"Da una storia vera", purtroppo per la cronaca. Per fortuna la Bercot riesce a portare avanti una narrazione realistica e coinvolgente grazie anche a una protagonista che funziona e all'inserimento, quando occorre, della variabile umana (le malate) che è la motivazione ultima delle azioni della dottoressa Frachon e della pellicola in generale. Avrebbe giovato qualche minuto in meno, ma il film resta comunque più che valido |
roberta braccio
giovedì sera
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Film tratto da un fatto di grande risonanza pubblica, che per questo motivo si 'muove sulle uova', nel tentativo di coinvolgere un pubblico (con la possibilità che tra questo ci sia qualcuno che ha assunto il farmaco) che sa già il risultato e di non andare in una direzione 'attaccabile'. Per raggiungere questo equilibrio, sceglie di puntare tutto sulla personalità esuberante della protagonista, insistendo -ai limiti della macchietta-sui suoi modi sopra le righe. Il risultato è a mio avviso interessante ma non del tutto convincente, forse proprio per la difficoltà di trattare un tema cosi tecnico, amalgamando suspance, finzione e fatti. |
giorgio brambilla
venerdì sera
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Emmanuelle Bercot costruisce un’opera che mette in scena la lotta di una “ragazza di Brest” contro un colosso della farmacologia francese. Sta addosso alla sua protagonista, la segue in tutti gli ambiti della vita, mostrandone i pregi e anche i difetti, laddove questi ultimi le sono utili per raggiungere il proprio obiettivo almeno quanto i primi. È un testo complesso, che mette insieme il documentario medico dell’operazione a cuore aperto col legal drama del dibattito davanti alla commissione del farmaco, il thriller di Babbo Natale con un discorso sui media e così via, mostrando efficacemente quantosia difficile e da quanti punti di vista si debba affrontare una lotta del genere. C’è qualche scena sopra le righe e una trama un po’ troppo ingarbugliata, probabilmente per aderire il più possibile al complesso reale svolgersi degli avvenimenti, ma nell’insieme il film tiene
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(da cultframe.com)