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Uccellacci e uccellini

 

da domenica 4 a  venerdì 9 febbraio 2018

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UCCELLACCI  E  UCCELLINI

REGIA DI PIERPAOLO PASOLINI

 

Usando Totò come maschera, affiancato da Ninetto Davoli che qui muoveva i primi passi, Pasolini nel 1966 produsse con questo film una delle sue opere relativamente più immediate e leggere, ma non per questo meno pregne di significato e visionarie. Annunciato da incredibili titoli di testa cantati da Domenico Modugno, Uccellacci e uccellini registra un beckettiano viaggio senza fine di tale Totò Innocenti e suo figlio Ninetto, deboli coi forti e forti coi deboli, mentre intorno a loro un corvo rammenta ideologie destinate alla distruzione. In mezzo, i due sono due frati francescani in una parabola che interrompe il racconto. Con questo ruolo, un anno prima della morte, Totò ottenne una menzione speciale al Festival di Cannes e un Nastro d’Argento come miglior attore protagonista. Una curiosità: la produzione fu costretta a cambiare più volte il corvo, ogni volta l’animale tentava di cavare gli occhi di Totò, alla fine si decise di usare un corvo cresciuto in cattività e le scene riprese con la gabbia nascosta dietro la macchina da presa cosi che l’animale una volta appoggiato a terra cominciava a camminare per raggiungere la gabbia. Scriveva Enzo Biagi : “Pasolini ricorda spesso certe trovate di Chaplin (il costume di Totò, e la ragazzina vestita da angelo, che compare alle finestre della casa in costruzione, quelle danze improvvise e felici nella campagna deserta ) e ha bene in mente certe immagini di Rossellini, dello sfortunato Giullare di Dio (…) Il resto è un miscuglio di elementi estranei che raramente si fondono (…) i vecchi lazzi di Totò, che non rinnova il suo repertorio, e che si trascina stanco e incosciente in una vicenda che non lo riguarda.”

“Totò, nel 1965, quando incontra Pasolini, già non vede quasi più niente. Quando accetta di lavorare col regista per quel progetto di cui aveva capito pochissimo, non vede più nemmeno le ombre. Il progetto vede la sua luce intorno ai primi mesi del 1966 e ha un nome: Uccellacci e uccellini, Pasolini tratta Totò come un bambino, lo segue in ogni movimento, gli fa registrare buona parte del film in presa diretta (proibitivo era il doppiaggio, visto le critiche condizioni di salute di Totò), e gli dice passo passo quello che deve fare. Non è il primo film serio a cui Totò partecipa (considerarlo solo un comico è, ancora oggi, un gravissimo errore storico); già ci fu un precedente, nel 1963, col poco noto Il comandante. Ma è forse questo il primo vero film serio a cui prende parte, quello che lo lancia nel panorama internazionale (a 68 anni suonati, dopo cento film di grandezza assoluta) e che gli regalerà soddisfazioni di tutto rispetto, come la menzione speciale per l’interpretazione vinta a Cannes. Uccellacci e uccellini è un film filosofico, forse pure troppo, ma di grande acutezza intellettuale e politica. Partendo dal presupposto puramente pasoliniano secondo cui il sottoproletariato è una costola del proletariato, il film si snoda su più livelli: l’intellettuale-politico, il fiabesco-reale e il critico-sociale. Totò e Ninetto Davoli sono due poveri cristi (padre e figlio) che, parlando apertamente di Vita e Morte, passeggiano quietamente tra le “strade perdute” (Lynch non c’entra nulla) della più squallida periferia romana. Che poi è la periferia del Mondo. A loro si unisce un corvo saccente, presuntuoso, che gli racconta le gesta di Frate Ciccillo e Frate Ninetto obbligati da San Francesco a convertire falchi e passerotti (cioè, vale a dire, gli uccellacci e gli uccellini). Totò e Ninetto Davoli col saio sono impagabili, capaci di esprimere emozioni e sensazioni solamente attraverso l’uso della mimica facciale (…) Ma il corvo ancora ciancia. Padre e figlio, stanchi delle prediche dell’uccellaccio, decidono di mangiarselo. Gronda di pessimismo questa inquietante favola pasoliniana, ed è il pessimismo di un intellettuale stanco dei propri tempi e del mondo, evidentemente deluso da certa politica e certe lotte di classe. Il corvo, emblematico portatore di una salvezza più umana che divina, non viene ascoltato e viene ucciso (…) Il futuro è nerissimo, roba da Terzo Mondo, tra pattumiera, umanità allo sfascio e decadenza culturale. Troppo pessimismo? Può darsi, ma ognuno lo interpreti come vuole: tesi a) Pasolini aveva ragione, oggi viviamo in un mondo corrotto, avido, incapace di dare risposte alle parti più deboli del Paese; anche se siamo tra le Nazioni più industrializzate, siamo nel disastro più totale, perché uno Stato che non riesce a garantire un futuro alle prossime generazioni (ma pure a quelle di oggi) è rivoltante;

tesi b) Pasolini ha sbagliato completamente la mira, oggi tutto sommato si vive bene, tutti possediamo una casa e un conto corrente, abbiamo tutte le comodità del mondo e possiamo andarcene in ferie due o tre volte l’anno.

Tutte e due le tesi sono rispettabili. O forse ci vuole ancora un corvo che provi a farci aprire gli occhi sulla realtà delle cose? E se poi, dopo un po’, facessimo la stessa cosa che hanno fatto Totò e Davoli, ucciderlo e mangiarlo? Il mondo è pronto per la rivoluzione? Oggi non lo so, ma Pasolini, nel 1966, optava per il no. Dopo Uccellacci e uccellini Totò e Pasolini diventarono amici (e con lui girò) un episodio de Le streghe e il fondamentale Che cosa sono le nuvole?”  

(da centrostudipierpaolopasolinicasarsa.it)

giulio martini

domenica pomeriggio

Straordinario esperimento linguistico che conserva intatta  la
sua esuberanza inventiva e  la sua capacità di cogliere nella figura del Corvo - Pasolini le tensioni degli anni '60, tra cattolicesimo sociale, marxismo  in crisi e pansessualismo pronto  a dilagare.  Invenzioni visive meravigliose tra stile arcaico/naif e  dottissimi riferimenti pittorici, colonna sonora ingegnosa e provocatoria, recitazione selvatica e  anti - accademica.  Dov'è la missione del  dotto, dell'intellettuale  organico ormai disorganico al  Cinema ?  Un quiz perfetto  per tutti gli Animatori di dibattito sul proprio ruolo.

giulio martini

domenica sera

 

angelo sabbadini

martedì sera

Bello vedere i film classici !!! C'è sempre un dettaglio da riscoprire, una prestazione attoriale dimenticata o uno spunto sfuggito alle visioni dei tempi andati. Capita anche con "Uccellacci e Uccellini" dove nel confronto finale in platea l'argomento della chiacchera è rappresentato dalla voce del corvo/intellettuale. Un'occasione per ricordare Francesco Leonetti, scrittore, polemista, amico personale di Pasolini e docente dell'Accademia di Brera.

carlo caspani

mercoledì sera

Film di altri tempi, di altro coraggio. Chi altri poteva mettere titoli di testa cantati da Modugno, un borgataro esordiente e un principe napoletano cieco trattato da guitto all'epoca a narrare insieme di parabole francescane e desideri sottoproletari, Cina e cultura militante posttogliattiana, valori religiosi e morali e desiderio della carne? il pubblico odierno resta spaesato, spiazzato. eppure PPP,  mezzo scolo fa, poneva già i limiti estremi della sua equazione cinematografica, indicando Baghdad e Cuba su assurdi cartelli stradali, mentre si avviava a cambiare il proprio cinema prima del 68, della rivoluzione, prima i tutto e di tutti

giulio martini

giovedì sera

 

giorgio brambilla

venerdì sera

Pasolini ci consegna un film ricco di poesia, come dovrebbe essere il cinema, arte che, lavorando per immagini, secondo lui non può usare concetti, ma solo metafore. Mette in evidenza la macchina da presa, attraverso la creazione di situazioni surreali e l’uso di un linguaggio anticlassico, richiedendo conseguentemente uno spettatore consapevole di essere al cinema e di guardare una favola. Ci mostra due personaggi innocenti, che non sanno dove andare, e sono inseriti in un mondo nel quale ci vuole una fede da francescano obbediente per cercare di portare una pacificazione tra le diverse classi sociali, e gli uomini sono forti coi deboli e deboli coi forti. Rappresenta simbolicamente la fine di un certo modo di intendere il comunismo attraverso il funerale di Togliatti e il triste destino del corvo che incarna quella stessa visione. Eppure il regista non vuol essere sfiduciato, e dichiara di piangere su di sé, ma nella convinzione che qualcun altro raccoglierà la sua bandiera: un’affermazione che richiede la stessa fede di cui sopra e la medesima innocenza dei suoi protagonisti. Sia dal punto di vista contenutistico che formale si tratta di un’opera come se ne vedono poche