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In guerra per amore

 

da domenica 21 a  venerdì 26 gennaio 2018

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IN  GUERRA PER  AMORE

REGIA DI PIF

 

 

“Il film è in realtà un lungo flashback raccontato in prima persona dal protagonista, che si trova davanti alla Casa Bianca con in mano una lettera da consegnare direttamente al Presidente Franklin Delano Roosvelt. Scopriremo solo alla fine il perché Arturo si è preso quell’onere, e con la sua voce over inizia il racconto della storia personale e, attraverso la narrazione delle sue avventure tragicomiche, viene messa in scena la rinascita della Mafia in Sicilia grazie proprio all’attività alleata. Gli italoamericani dell’esercito per preparare lo sbarco, chiedono l’aiuto del boss Lucky Luciano che concede informazioni preziose e l’appoggio dei suoi amici per consentire l’invasione della Sicilia senza colpo ferire (e che sarà scarcerato nel 1946 dalle autorità americane). Pif con il suo Arturo Giammaresi, interpreta il protagonista con leggera ingenuità, spinto dall’amore per la sua Flora, inconsapevole e maldestro, entrando in uno scenario più grande di lui. Il confronto con il tenente Philip Chiamparino (Andrea Di Stefano) lo farà crescere nella consapevolezza di quello che nasconde la sua terra d’origine e gli porrà davanti la realtà con cui deve comunque fare i conti direttamente per sposare la sua Flora (una Miriam Leone convincente nel ruolo). Tra queste due linee narrative - la storia individuale e la Storia della guerra e della Mafia - s’innestano tutta una serie di personaggi e vicende secondarie (…) La commedia di Diliberto non è fatta di macchiette, e pur dedicando il film a Ettore Scola, trova più assonanze al cinema di Luigi Comencini e soprattutto di Mario Monicelli, con delle maschere ben descritte dal tono grottesco e tragico allo stesso tempo. Il regista si circonda della stessa equipe tecnica del precedente film (e i protagonisti hanno persino gli stessi nomi), in una sorta di continuità diegetica che rendono le due pellicole dei capitoli di una storia più ampia sulla Mafia. Si assiste anche a un’evoluzione tecnica, con un maggiore accuratezza nella scenografia e nei costumi, in un migliore utilizzo della macchina da presa che lavora sulla messa in quadro di dettagli delle mani e degli oggetti e su alcuni movimenti del dolly, che danno respiro alle riprese, rendendo la leggerezza con cui far passare la pesantezza del soggetto (…) Se un solo appunto lo si può fare a Diliberto è la sua recitazione che a volte è troppo fissa e priva di mobilità espressiva e la necessità di un maggior coraggio di unità stilistica. Alla fine, però, In guerra per amore è un film riuscito e divertente, tragico e dolente, sul racconto di un fenomeno come quello della Mafia tuttora di attualità per la presenza nella storia nazionale.”

(Antonio Pettierre da Ondacinema)

 

matteo mazza

domenica pomeriggio

Pur riconoscendo l'intenzione di guardare il mondo da una prospettiva diversa, più matura rispetto all'esordio, discorso sostenuto più da una ricerca di linguaggio che dalla resa di toni e modi della messa in scena, il film patisce proprio di questa scelta e sembra non vedere l'ora di arrivare dove vuole arrivare. E cioè alla fine, quando lì sì, Pif torna a fare Pif e la riflessione storica si trasforma in affondo sociale, in critica del presente.
Ben venga la sua passione, non sempre in equilibrio con i toni (quei corpi morti sono di cattivo gusto), ben venga il prendere le distanze da certi modi e mondi televisivi, dalla sua maschera, dal piffismo, ma senza avere fretta.

giulio martini

domenica sera

il cantastorie-narratore Pif   costruisce la seconda puntata dei sui "selfie  siciliani" ( stavolta con sfondo N.Y)  per passare  in rassegna  ogni  luogo comune dell'isola  e smontarlo. Le notizie che racconta  erano  già  risapute  sul grande schermo ( cfr. film di Rosi su Lucky Luciano),  ma qui  sono affrontate con  intenzioni didascaliche, soprattutto ad uso dei giovani  con  la speranza  anti- gattopardesca che  forse le cose possono cambiare ( la canzoncina utopica dell'asino volante... ) persino tra i suoi conterranei.  I bersagli sono chiarissimi : il Fascismo, la Democrazia Cristiana,  ma pure i  tabu' insulari, tutti  bastonati  secondo il metodo  delle rappresentazioni popolari coi  "pupi "  ( vedi le botte tra  le statua di Mussolini e quella della Madonna ) e con situazioni talvolta  al limite della barzelletta. Ma l'insieme  è   meglio  strutturato  rispetto  al linguaggio  espressivo degli appena vsiti Ficarra e Picone, così  chela narrazione - che affronta temi  gravi -  funziona e scivola via senza bananiltà, tra continue lucide  citazioni ( da  Piazzale Loreto a Forrest Gump ) grazie  anche ad  attenta  costruzione figurativa e di montaggio.  Per cui ,in attesa della probabile ultima puntata del trittico sulla Mafia, questo secondo impegno, di certo meno malinconico e  felice dell'esordio , dice comunque che  il Soggettista /Sceneggiatore / Attore / Regista  palermitano  ci sa fare.

angelo sabbadini

martedì sera

Qual è il merito del prequel di “La mafia uccide solo d’estate”? Da un punto di vista cinematografico il film è davvero poca cosa e paga a caro prezzo una sceneggiatura perennemente indecisa tra la dimensione favolistica e la rievocazione storica con tanto di pedante esibizione delle fonti. L'ambizioso Pierfrancesco Diliberto annaspa vistosamente e fatica a trovare una cifra stilistica coerente per raccontarci le gesta del generale Patton e le avventure truffaldine del gatto e la volpe in versione gay. Rimane il merito di avere recuperato un evento storico a lungo rimosso dal senso comune e dal cinema.

carlo caspani

mercoledì sera

Pif Diliberto mantiene lo stile e il tono riconoscibili e conosciuti, ma qualcosa impedisce al messaggio antimafia del film di passare con la sua usuale efficacia. Sarà l'ambientazione storica, con qualche macchietta di troppo, sarà il gioco fin troppo scoperto nella parte finale, ma da un certo punto la storia perde di leggerezza e si siede. Peccato, perché l'idea è buona e l'impegno e l'amore per la propria terra, che spingono a fare "guerre" non solo cinematografiche, sono sinceri

marco massara

giovedì sera
 

Una sceneggiatura con uno sviluppo sconnesso ed ondivago tra un tono farsesco e sfondo storico, ma che contiene alcuni riuscite allusioni a situazioni attuali (il ‘proto-selfie’ dei due innamorati)  e fattuali  (la rievocazione della famosa fotografia di Robert Capa ed il simil-Mussolini appeso per i piedi). Sul piano strettamente contenutistico il ‘messaggio’  di denuncia delle infiltrazioni  e delle connivenze mafiose arriva forte e chiaro ed assolve parzialmente il film dalle evidenti carenze strutturali.

giorgio brambilla

venerdì

sera

Pif mette in scena una commedia che racconta una pagina tragica della storia italiana e, con il suo stile divertente e a tratti surreale, propone una sorta di efficace pamphlet di denuncia tanto delle motivazioni dell’affermazione della mafia nel secondo dopoguerra, quanto della miopia della politica estera americana. Lo fa utilizzando vari ammiccamenti, da Forrest Gump alla foto di Sperlinga di Capa, al malriuscito selfie; alcuni riusciti personaggi di contorno, come la nuova edizione del gatto e la volpe costituita da Saro e Mimmo; scene di comicità geniali, come quella del radar umano costituito dal cieco o la gag del processo per il furto degli scarponi fondata su difficoltà linguistiche. Tutte invenzioni che vengono a costituire un testo certo non perfetto, ma sufficientemente intelligente e ricco da costituire un degno seguito dell’ottimo esordio, e insieme capace di interessare le giovani generazioni, mediamente alquanto refrattarie alla Storia