Titolo

Il diritto di contare

 

da domenica 14 a  venerdì 19 gennaio 2018

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IL  DIRITTO  DI  CONTARE

REGIA DI T.MELFI

 

 

Il diritto di contare narra la storia straordinaria di un team di matematiche afro-americane della NASA che hanno contribuito alla vittoria americana nella corsa allo spazio contro i rivali dell’Unione Sovietica e, al tempo stesso, hanno dato una vigorosa accelerata al riconoscimento della parità di diritti e opportunità. Tutti conoscono le missioni Apollo. Molti sanno i nomi dei coraggiosi astronauti che hanno compiuto quei primi passi nello spazio: John Glenn, Alan Shepard e Neil Armstrong. Tuttavia, sorprendentemente, i nomi di Katherine G. Johnson, Dorothy Vaughan e Mary Jackson non vengono insegnati a scuola né sono noti alla maggior parte delle persone, sebbene la loro energia e audacia, unite al ruolo fondamentale di ingegnosi “computer umani”, siano stati indispensabili alla NASA per realizzare i progressi che hanno reso possibile il volo dell’uomo nello spazio. Finalmente la storia di queste tre donne visionarie, che hanno superato le barriere professionali, razziali e di genere per contribuire in prima persona ai pionieristici viaggi nel cosmo, arriva sul grande schermo. Al di là delle gioie e dei trionfi che celebra, Il diritto di contare è ambientato in un’epoca che ha segnato un punto di svolta nelle più accese battaglie della storia americana: il progresso nella lotta per i diritti civili; il predominio nella Guerra Fredda senza arrivare al conflitto nucleare; il successo come prima superpotenza a portare l’uomo al di fuori del pianeta; la dimostrazione che, né la posizione sociale, né il genere incidono sulle straordinarie scoperte tecnologiche che hanno aperto la strada al futuro. “Questa storia ha luogo quando entrano in collisione la Guerra Fredda, la corsa allo spazio, le leggi di segregazione Jim Crow negli stati del sud e il nascente movimento per i diritti civili. È un contesto complesso in cui prende forma una storia ricca e straordinaria di cui poche persone sono a conoscenza”, spiega Melfi. Non può che commuovere il fatto che Katherine G.Johnson, ormai ultranovantenne, si sorprenda per la crescente attrazione per le attività svolte da lei e dalle sue colleghe perché, afferma la donna, lei ha solo fatto del suo meglio per il lavoro, per la famiglia e per la comunità, come avrebbe fatto chiunque altro. “Io trovavo una soluzione ai problemi che andavano risolti”, ella dichiara con la modestia che la contraddistingue. Quanto a un consiglio alle persone che devono affrontare le sfide nel mondo attuale, ecco le parole della Johnson: “Attenetevi al problema. Qualunque esso sia, c’è sempre una soluzione. Una donna può risolverlo e anche un uomo può farlo... se gli concedete più tempo.”

(dal Pressbook)

 

 

roberta braccio

domenica pomeriggio

Nonostante un totale buonismo che non lascia spazio alla minima scorrettezza, il film funziona. I personaggi sono tutti inquadrati, senza contrasti e senza crescita, nella loro integrità. La sceneggiatura avanza dritta e sicura, la storia è avvincente, trainata da intelligente e misurata ironia. Il film offre al pubblico quello che si aspetta e che vuole vedere. Ci riesce, e questo è il miracolo. Ci si porta a casa la sensazione di aver visto un film molto carino, che fa stare bene. Niente di più, ma è già molto.

giulio martini

domenica sera

finalmente un titolo italiano azzeccato per uno originale bellissimo :  perché là si alludeva  sia alle "figure nere" in ombra  sia ai "numeri/ cifre " nascosti.  Il film  - per il resto - ha una struttura collaudatissima, cioè : come ti supero gli ostacoli ( misoginia, razzismo, maschilismo, vincoli  di genere, diffidenza verso il talento altrui, specie dei genii... ) facendo fare  un salto alla volta alle tre brave e simpatiche amiche  nei loro settori di lavoro, senza dimenticarne  l'ambito familiare. Dunque : in mezzo a tante odierne "fake news" e "post-verità" un altro film Made in USA che  racconta una storia tanto autentica quanto incredibile a casa  propria e che riscalda il cuore   del pubblico femminile non solo americano, grazie alle bravissime interpreti, ma che pecca purtroppo - a tratti - di  un meccanicismo  ripetitivo e di una certa enfasi  buonista  al limite dello stereotipo ( cfr. invece  il diverso risultato, più asciutto e composto, di  "Sully").

angelo sabbadini

martedì sera

Un film deve essere valutato rispetto ai propri intenti programmatici: Ted Melfi non bara e consegna all’uditorio del Bazin un’opera avvincente per i temi sollevati e alquanto prevedibile nelle scelte registiche. La squadra attoriale è tutta da vedere e si diverte un mondo a raccontarci con qualche esagerazione (la sequenza dei servizi igienici esterni è inventata) l’epopea della West Area Computing Unit che, detto per i pignoli, nel 1961 non era già più operativa. Poco conta: il filmetto didascalico va diritto al bersaglio.

carlo caspani

mercoledì sera

Dietro le hidden figures del titolo originale i "numeri", i talenti nascosti di figure di secondo piano ma indispensabili nell'epopea spaziale americana all'inizio degli anni 60. Tutti gli ingredienti perfetti di un feelgood movie miscelati senza sbavature né sorprese da Melfi, per un sicuro risultato di adesione finale del grande pubblico. Anche se i personaggi nella vita reale erano meno belli e accattivanti, anche se "la storia vera" deve diventare qualcos'altro per necessità di narrazione, resta lo sguardo, quello sì incantato e nostalgico, verso un'epoca in cui una nazione sognava di conquistare lo spazio e guardava in alto, verso le stelle

rolando longobardi

giovedì sera
 

Lo spirito che pervade la visione di questo film di Melfi è la serenità e la fiducia. Sentimenti che accompagnano lo spettatore nelle due ore di un film che grazie all'abbondanza di con colori suoni e capacità di sdrammatizzare lascia che lentamente le cose che meritano di emergere, quelle figure nascoste che ad una prima vista facciamo fatica a notare, emergano nella loro potenza. Uno stratagemma stilistico che tutto sommato funziona, anche se il rischio è quello di cadere in una visione didascalica e troppo edulcorata della realtà.

giorgio brambilla

venerdì

sera

Theodore Melfi racconta, con stile più che classico, una storia da tutti ignorata ma assolutamente degna di essere conosciuta. Ci mostra tre donne eccezionali nella loro normalità le quali, discriminate doppiamente per il colore della loro pelle e per il loro sesso, hanno cambiato le cose senza rivoluzioni violente o glamour, ma semplicemente facendo il proprio dovere con grande dedizione, certo notevole intelligenza e, perché no, un pizzico di astuzia. La stessa che caratterizza il film, abile miscela di humour e impegno civile. Se non fosse già stato usato, il sottotitolo giusto sarebbe stato “la banalità del bene”, la quale è sempre degna di essere narrata, soprattutto per richiamare l’importanza di alcune conquiste sociali che si rischia di dare, ahimè erroneamente, per scontato