matteo mazza
domenica pomeriggio
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Come in tanti film di Kaurismaki anche qui tanti personaggi si aiutano e fanno del bene. O, semplicemente, fanno bene il loro dovere di uomini.
Cinema geometrico ma fatto di linee narrative sghembe e dall'andamento circolare, ambientato su al nord ma caldo caldo, rigoroso e calmo, equilibrato e divertente, bizzarro e imbarazzante. Kaurismaki offre uno sguardo a favore di e mai contro qualcosa o qualcuno, lega tutto con intelligenza e tanta musica folk, rock, crea così un sospeso, uno spazio in cui lo spettacolo determina la domanda ultima: che cosa resta dell'uomo?
Non un film lento. Un film calmo. Dove succede di tutto, con pacatezza, armonia, senso delle proporzioni. Abbiamo bisogno di questo, per non fare la fine di chi non si accorge perché e per chi si vive.
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giulio martini
domenica sera
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coerente e tenace l'unico regista finlandese di fama internazionale scolpisce nel ghiaccio una storia d'attualità, ma la affumica con sigarette e ambientazioni retrò , per dirci che la"prossimità" è un obbligo morale in ogni tempo ed in ogni luogo, che legittima persino la trasgressione del formalismo legale del proprio
amato Paese. Staticità delle riprese, mummificazione delle espressioni,
vuoti di silenzio e parole centellinate incidono nell'animo dello
spettatore irritazione ed umorismo, scavando nelle motivazioni più
profonde dell'animo dove nascono l'odio e la commiserazione, la
solidarietà e la ferocia. |
angelo sabbadini
martedì sera
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Riecco il cinema eccentrico e straniato di Aki Kaurismaki con le sue consuete ritualità di alcool, fumo e musica. Alla fine del nordico apologo sono tutti convinti i cinefili del Bazin con una sola, lacerante perplessità: dov'è finita Laika, l'impagabile cagnetta dei precedenti film del regista finlandese? |
carlo caspani
mercoledì sera
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Kaurismaki fedele alla linea, anzi più tendenzioso del solito, data l'urgenza e la gravità del problema (i profughi, l'accoglienza, la solidarietà...) Stile immutabile, parole poche, ma là dove politica e buon senso latitano, dietro la burocrazia e il rispetto della forma, la sostanza sta nell'univocità di comportamento tra gli ultimi (poveri e reietti solidali tra loro, saranno mica comunisti?), attenti solo al soddisfacimento e i bisogni primari elementari: un buco dove dormire, una scatoletta di aringhe e patate a cena, un po' di musica e del fumo (politicamente scorretto ma legale) per passare il tempo e farsi coraggio. Chaplin e Keaton sorridono dall'alto dei cieli del cinema, la presa per i fondelli della cucina fusion in versione occidentale vale il prezzo del biglietto |
roberta braccio
giovedì sera
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Un film onesto e militante, che con la freddezza tipica del regista congela le emozioni in inquadrature geometriche e battute geniali. Il regista è un vero maestro nel proporre eroi e storie sempre diverse e sempre tanto uguali, di cui non ci si stufa mai perchè c'è una tale conoscenza dell'essere umano, che ci si ritrova e ci si scopre. Sono favole? È utopia? Forse, ma crederci fa bene al cuore. |
giorgio brambilla
venerdì
sera
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Kaurismaki unisce tra loro due storie: la prima, di Khaled, presa dalla più tragica realtà odierna; la seconda, di Wikström, tipica dell’universo poetico del Nostro. Le due si intrecciano, generando uno stile disomogeneo, ma con una coerenza di fondo, data dal modo unico di raccontare del regista finlandese: egli toglie tutto quello che, in un film classico, muove le emozioni dello spettatore (recitazione, sviluppo didascalico delle storie, musica di accompagnamento), eppure riesce a toccarlo ancor più nel profondo e a scolpirsi nella sua memoria, con l’imprevedibilità degli avvenimenti ed il candore dei suoi personaggi. Eppure chi guarda il film è sempre libero di prendere posizione perché questi vuoti, uniti ad una lieve ironia di fondo, creano quella distanza che permette di pensare perché il riso, come diceva Bergson, si rivolge alla pura intelligenza. Un po’ meno “kaurismakiano” del solito, ma comunque un ottimo film |