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La casa sul mare

 

da domenica  17  a  venerdì 22 marzo 2019

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LA  CASA  SUL  MARE

regia di Rpbert Guéduguian

 

 

:«Ogni tanto, direi ogni cinque o sei anni, sento una specie di bisogno di fare il punto. Di ritornare nei posti in cui ho girato i miei primi film, ma più che altro di tornare a occuparmi del mondo a cui ho dedicato i primi lavori. È un modo per fare il punto su me stesso, sulla mia intimità, sulla politica, sulla società e sugli ambienti sociali che fanno parte del mio cinema». In un’intervista che concesse a Cineforum nel 2013 (Cineforum 526) Robert Guédiguian rispose così a una domanda circa la “necessità” di fare un cinema politico e privato, incentrato su temi sociali e filmato (quasi) sempre negli stessi luoghi, con (quasi) sempre gli stessi attori. La domanda prendeva spunto dall’allora ultimo film, Le nevi del Kilimangiaro che è del 2011: guarda a caso proprio sei anni fa. Presentato al Festival di Venezia 2017, La casa sul mare ritorna a proporre i temi cari al regista: è un cinema privato, il suo, in cui ritornano luoghi, personaggi e soprattutto la nostalgia. Qualcuno lo definisce il Ken Loach francese, altri il regista proletario. Forse perché in tanti anni passati a girare film, la sua visione del mondo (e del cinema) non è cambiata: resta sempre un nocciolo caparbio, militante. Anzi, politico nel termine più puro.

 

 

 

 

Giulio Martini

Domenica pomeriggio

 

 

I temi cari al regista (grandi ideali comuni,solidarieta, bonta' estrema, perdono,ospitalita',rinascita e ripartenza) sono riproposti in chiave personale e quasi esistenziale, dialogando perfino con l 'aldila'. Una sintesi del proprio modo di pensare alla vita e al cinema, venato da una insolita nostalgia e ma con le consuete situazioni amorose bizzarre. Sempre cinema di qualita',pur senza la verve di altri racconti.

 

 

 

 

Giulio Martini

Domenica sera

 

 

 

 

 

 

 

Angelo Sabbadini

Martedì sera

 

 

Poveri reduci di Guédiguian !?! Il regista li riprende assorti in una fissità pensierosa e dolente: invecchiati, confusi e parecchio imborghesiti. Non solo, ma ce li mostra pure giovani e incoscienti in un contrasto stridente con il mesto presente. Poi, inopinata, la svolta che tutto sembra risolvere: lutti, militanze, amori e pure un ictus. Programmatico e nostalgico il film si guarda con piacere e qualcuno in sala pure si commuove.

 

 

 

 

Carlo Caspani

Mercoledì sera

 

 

Il solito Guediguian, dice chi ne conosce i lavori precedenti. Cose già viste e risapute, dice chi, tra il pubblico, lamenta qualche eccesso didattico e il mancato approfondimento di diversi personaggi. Vero: ma in questo film battono dei cuori, e la calanque di Méjean diventa nel contempo boccascena e palco di una recita a più voci con ascendenze cechoviane dove nostalgia del passato, ricordi, dolori, passioni rinnovate si incontrano e misurano con un oggi più amaro da affrontare sempre, però, con la solidarietà, la coerenza, l'arte. con il cuore, appunto

 

 

Carlo Caspani

 

Giovedì  sera

 

 

 

 

 

 

 

 

Giorgio Brambilla

 

Venerdì sera

 

 

 

 

Robert Guediguian costruisce un film che procede per allusioni e tocchi lievi, senza enfasi retorica ma capace di andare in profondità nell’intimità dei suoi personaggi. Ogni sottolineatura melodrammatica è evitata, a partire dalla musica d’accompagnamento (escluso l’inserto del vecchio film Ki lo sa?, sulle note di  Bob Dylan). Un’opera quasi teatrale, che mette sotto la lente d’ingrandimento un microcosmo dove idee diverse si scontrano, così come diverse generazioni, ciascuna chiusa nelle proprie precomprensioni. Ma quando i protagonisti riescono a non lasciarsi bloccare da riflessioni autodistruttive, come Angéle, che accetta l’amore di un uomo molto più giovane, o tutti quanti quando ci sono dei bambini da aiutare e le riflessioni ideologiche devono essere rimandate, allora arrivano ad accettare se stessi e gli altri, e la vita sboccia nuovamente, come si vede dalle tende finalmente aperte nella stanza  di Blanche e dalla reazione del teoricamente moribondo padre alle grida gioiose dei figli e dei piccoli profughi. Una storia delicata e rispettosa, che sembra procedere con lentezza mentre, in effetti, ha un ritmo e una densità davvero ragguardevoli