Rolando Longobardi
Domenica pomeriggio
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Il tratto caratteristico di Del Toro è fortemente presente in questo film nei colori così come nella capacità di mettere sottosopra un mondo che ad una prima vista appare scorrere nella sua ingiusta normalità.Il verde quale colore dominante richiama il tono che assume l'acqua (questa non ha colore come non ha forma) quando qualche elemento la contamina. La capacità che questo elemento ha è quello infatti di assumere i connotati del luogo e degli agenti che su di essa agiscoo. Così l'acqua è può essere pura, dissetante, purificatrice, ma anche il contrario, dipende da chi, senza altre parole, ma solo con l'amore per gli elementi,, riesce a comprenderla.
Non esistono creature orribili nell'acqua ma solo uomni chi la "sporcano". Sotto di lei e grazie al suo potere, anche le ferite diventano uno strumento per continuare a respirare, anche sott'acqua.
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Giulio Martini
Domenica sera
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mescolando e stravolgendo tante fiabe ( Cappuccetto rosso, La Bella e la Bestia, La Sirenetta ...) e storie Bibliche di salvezza e di forza( Ruth, Sansone...) il fascinoso Del Toro ci rituffa nella fluida sensibilità messicana, dove l'insolito, l'ultraterreno ed il magico debordano verso una quotidianità altrimenti sarebbe mesta e incolore, stimolandola verso il mistico e lo straordinario. Che forma prende l'acqua,il più comune degli elementi di questo mondo ? Quella del suo mutevole contenitore. E per del Toro l'elogio spontaneo va all'animo disponibile ed accogliente di tutti gli umiliati ed offesi ( le donne, gli orfani, i neri,i brutti,i gay, i veri uomini di scienza ...) quiimprovvisamente capaci di allearsi contro un maschilismo lurido ed un efficientismo, politico e ed ideologico, criminale. Il divino non è bello - secondo i canoni occidentali - ma è comunque magnetico, attrattivo, miracoloso. Quel che conta è dargli spazio, nutrirlo ( il cibo è tramite comunicativo fortemente simboli con in tutto il film ) , ammirarlo nella sua alterità disturbante e frasi sorprendere dalla sua forza rigeneratrice. Un' energia vitale ultra-umana, che stravolge ogni cosa e la guarisce dalle sue - queste si - autentiche lordure. Girato con immensa passione verso il cinema e una entusiasmante voglia di incantare, il film è interpretato, fotografato e musicato divinamente.
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Angelo Sabbadini
Martedì sera
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Guillermo Del Toro non demorde e nella varia casistica delle sue creature ci ripropone il redivivo mostro della laguna nera che sembra imparentato con l'anfibio Abe Sapien diHellboy. Ma questa volta, secondo un rovesciamento un po' programmatico, sono gli umani in cravatta e manganello a essere mostruosi. Lasciati in soffitta i compiacimenti sanguinari, Del Toro prova, a suo modo, a fare il romantico e ci consegna un film visionario che avvince ed emoziona.
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Carlo Caspani
Mercoledì sera
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All'acqua non si riesce a dar forma, alla fantasia e al racconto dei sentimenti sì: per questo c'è il cinema. a patto che, come nel caso di Guillermo del Toro, se ne conosca il mestiere, la tecnica e la storia. Onirico, favolistico, sensuale, simbolico, The Shape of Water gioca con l'eterna fiaba della Bella e la Bestia declinandola attraversoriferimenti estetici e linguistici all'America kennediana, un attimo prima che King John muoia, costellando il racconto di immagini che vengono da tv e schermi cinematografici, giocando su citazioni bibliche e un codice di colori dal rosso al ciano al verde, immergendo il tutto in una liquidità amniotica e vitale dove, è il caso di dirlo, passione e amore nuotano liberi a dispetto del male.
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Giulio Martini
Giovedì sera
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Giorgio Brambilla
Venerdì sera
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Del Toro costruisce una favola che si fa beffe dei luoghi comuni, nella quale un gruppo di emarginati costituito da una muta, una nera, un gay e una spia russa in disgrazia, riescono a strappare un altro più “diverso” di loro (animale – uomo – dio) a una struttura militare super sorvegliata e sotto il controllo di un individuo presuntuoso e perfettamente integrato, subordinato di un generale con deliri di onnipotenza, e a farla in barba pure al KGB. Questo ci invita a comprendere come chiudersi nei propri pregiudizi e vedere nemici dappertutto renda in realtà deboli e stupidi , mentre unirsi coraggiosamente con semplicità e determinazione permette di fare l’impossibile. L’ennesima opera del regista messicano dalla parte di coloro che sono talmente insignificanti da risultare invisibili, con movimenti di macchina fluidi, un lavoro preciso sui cromatismi, una durezza che rende il testo difficile da digerire, e un simbolismo non banale, a partire dal finale, nel quale le ferite della protagonista diventano branchie che le permettono di respirare perché, come canta Leonard Cohen, “C’è una crepa in ogni cosa, è così che entra la luce”
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