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Lazzaro felice

 

da domenica 4 a venerdì 9 novenbre 2018

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Lazzaro felice

REGIA DI .Alice Rohrwacher

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Prima che il film prendesse forma –spiega Rohrwacher - avevo in mente un'immagine fuori dal tempo: un gruppo di contadini che si caricano addosso tutte le loro cose e aspettano ad attraversare il fiumiciattolo che li separerà per sempre dalla loro vita di prima per condurli in un'esistenza nuova e sconosciuta. Loro sono lì, ma esitano. Esitano perché hanno paura … Volevo raccontare una bontà così assoluta da risultare quasi imbarazzante. Volevo raccontare la fine della mezzadria. La fine di un tempo di miseria che coincide con l'inizio di un'altra miseria, diversa e altrettanto profonda. A far emigrare le persone non è stato il boom economico, ma la fine di un sistema sociale in cui queste erano state talmente tanto usate come bestie che volevano cancellare una cattiva memoria. Solo dopo si sono accorti di quello che avevano perso.”

Che cosa avevano perduto?

“La pietà, la collettività, tutto quello che di positivo c'era. Il boom economico ha siglato la fine di un rapporto fra i luoghi e le persone che li abitavano. Adesso tutto è nelle mani di grandissime aziende super tecnologiche che magari abusano dell'immagine del vecchio contadino sporco e rugoso, ma sono dei mostri dell'industria.”

Hanno preso parte al film decine di contadini veri. Anche il protagonista della pellicola, Adriano Tardiolo, non è un attore professionista. Come lo ha trovato?

“La casting Chiara Polizzi l'ha visto a scuola, a Orvieto. Lui non ha fatto il provino, ma subito abbiamo sentito che era lui. La parte più difficile e divertente è stato convincerlo.”

(da una intervista di Flavia Piccinni, huffingtonpost.it, 5 giugno 2018)

 

 

 

 

 

Rolando longobardi

 

Domenica pomeriggio

 

 

 

Quello che nel terzo lungometraggio della Rohrwatcher risulta evidente è come il cinema riesca a raccontare una storia non fuori e nemmeno senza tempo ma giocando con esso.

Il tempo trasforma i personaggi cosi come il racconto per lasciare tutto esattamente come prima. Il tempo del cambiamento è ciò che nella sua essenza resta identico.

Così la regista sperimenta un cinema che non racconta nulla ma si limita a far viaggiare lo spettatore sulle onde del vento e della musica, del buonismo e della Rinascita. L'unica cosa che resta evidente è che l'interpretazione non è mai univoca e che tutti, spettatori compresi sono destinati ad essere lupi in fabulis.

 

 

 

 

 

 

Giulio martini

 

Domenica sera

 

 

con maggiore coerenza rispetto alle opere precedenti, ci viene  proposta  l'avventura di un "corpo celeste" che si  muove sballottato ed orfano tra  finti parenti, finti amici, prima immersi in una natura  mesta e infida, poi  come accatastati  in una degradata periferia urbana, ma sempre sottomessi a borghesi imbroglioni capaci di miseri trucchi  e più  infidi dei lupi. La Rohrwacher non è Pasolini, non è Rossellini, non è Olmi e neppure De Sanctis o  il De Sica  zavattiniano, ma un  mix di tutti questi e di altri, tra parodia e rimpianti, realismo magico e misticismo infantile... Il  risultato è tanto  accorato  quanto lucidamente fascinoso, ingenuo eppure credibile, perché alla disperata ricerca di una  purezza  eterna, primigenia ed impossibile, cui non si vorrebbe mai rinunciare, nonostante ci si scopra - crescendo o  non crescendo - vittime di  feroci inganni  da parte degliAdulti  e forse da parte - sulle orme ovviamente di Leopardi - della Vita stessa.

 

 

 

 

Angelo sabbadini

 

Martedì sera

 

 

Perbacco! Gli applausi del Grand Theatre Lumiere sono bissati anche al Bazin: il film della Rohrwacher ha davvero colto nel segno! Certo gli incondizionati favori di Cannes non si registrano nella sala di Via Melchiorre Gioia dove, laicamente, prevalgono i distinguo. Non sfugge come gli esiti formali siano diseguali. Così come non funzionano tutte le epifanie rincorse con giovanile entusiasmo dall’esuberante regista. Ma la bislacca e amara favoletta muove la curiosità degli astanti fin nei titoli di coda, dove si segnala come il sorriso della signora Alba Rohrwacher sia stato corretto per ragioni sceniche da un noto dentista.

 

 

 

 

 

Carlo caspani

 

Mercoledì sera

 

Ben lontano dalla perfezione, volutamente naif nell'impianto e nella recitazione, il terzo lavoro di Alice Rohrwacher è però coerente con la sua visione del mondo e zeppo di suggestioni e spunti nell'ambito di una favola che  ha ascendenze cinematografiche illustri: Olmi, Rossellini, Pasolini, perfino lo zavattiniano Totò il buono di Miracolo a Milano. se vi sembra troppo, pensate alla lettura critica del regime di mezzadria (il buon vecchio Marx fa capolino), alle sventure di gente legata alla terra che passa da un medioevo rurale a un ancor più crudele neomedioevo urbano, alla perdita di innocenza, tradizioni e poesia (basta una padella per simulare il chiaro di luna...), all'orgoglio femminile buttato a battere i marciapiedi, al Lazzaro risorto e felice nella sua innocenza (ebete, tonta, ingenua?) come il santo della parabola francescana, salvato da un lupo pericoloso ma amico....=

 

 

 

 

 

 

Giulio Martini

 

Giovedì sera

 

 

 

Giorgio Brambilla

Venerdì sera

 

Alice Rorwacher costruisce un film estremamente coraggioso, nel quale cerca di costruire il ritratto di un uomo totalmente buono utilizzando, come spesso accade in questi casi, il linguaggio della favola. Passando da una servitù di tipo medievale, mantenuta grazie alla menzogna, a una altrettanto dura nel mondo contemporaneo cosiddetto normale, crea un’allegoria di fondo, nella quale ne intarsia poi una serie di altre, molte delle quali davvero riuscite, come quella della musica che lascia la chiesa per seguire il gruppo di emarginati rifiutati da tutti. Nel suo insieme, però, il testo sembra perdersi un po’ per strada, risultando prolisso nella seconda parte e costruendo un personaggio centrale troppo determinato a non imparare nulla dalla propria esperienza. Comunque un film che si distingue decisamente dal cinema contemporaneo, sia commerciale che d’autore, di una inattualità tanto spiazzante quanto degna di nota


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