da domenica 14 a venerdì 19 ottobre 2018
Finchè c'è prosecco c'è speranza
REGIA DI A.Padvoan
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“Le splendide colline del Prosecco e i borghi di quella zona sono i protagonisti di questo rilassante e godibile giallo, tutto da assaporare, tanto quanto l'ispettore Stucky di Giuseppe Battiston e gli altri attori del cast. Un'opera prima che nella sua trama e nel modo di raccontarla ribadisce un concetto chiave: la sostenibilità, tanto in senso ambientale quanto esistenziale. E, perché no, anche cinematografico. Intriso di calore umano e di ironia sottile, conta anche su un cameo di Vitaliano Trevisan.”
(Federico Gironi, da ComingSoon.it)
“Storie di altre genti e altri vini, magari organoletticamente più complessi, magari, a sentir gli esperti, migliori e completi, ma difficilmente più adeguati a raccontare un mondo che nonostante tutto va avanti a suo modo, fregandosene di quell'andazzo politicamente corretto di rapportarsi con le cose di tutti i giorni. Scrisse Jorge Luis Borges che ogni vino "rappresenta la complessità di un territorio, ne asseconda i detti e i non detti, ne riflette le qualità e difetti". Ogni vino "è una storia che andrebbe raccontata", ma la grandezza di un vino, non è determinata unicamente dalla sua bontà, "è piuttosto rappresentata da quell'intreccio di storie che si dipanano da esso. È l'immaginario collettivo, composto da letteratura, musica e pellicole a rendere eterno il succo dell'uva". E forse ora il prosecco potrà superare l'espressione scettica dei nasi e dei palati fini, che lo classificano a oggetto di intrattenimento. È qualcosa di più, ora è film, esperienza che esce dall'osteria. A patto però che si ricordi l'ultimo insegnamento di Borges, già messo in pratica da Padovan nella sua pellicola: "succo dell'uva, ma frutto della terra", che va utilizzata, ma non ridotta ad azienda, che va tutelata senza cadere nello stupido errore dell'eccesso di tutela.”
(Giovanni Battistuzzi, da ilfoglio.it)
matteo mazza
domenica pomeriggio
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In tv sarebbe un (valido?) antagonista di prodotti tipo I delitti del Bar Lume, Rocco Schiavone, Montalbano e Don Camillo. Al cinema vorrebbe (vorrebbe?) imitare la lezione di esempi riusciti come La ragazza del lago, La giusta distanza e in un certo senso Io sono Lì in cui la provincia metteva in scena il suo humus. Ma aldilà di paragoni e ambizioni, resta un'operazione slowfood innocua in cui si salva soltanto l'espediente della giacca di Battiston, meno simpatico che altrove.
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giulio martini
domenica sera
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interessante esordio di un nuovo regista veneto che rientra dall'America e ammorbidisce e diluisce gli schemi hollywoodiani del giallo nelle molte ombre del povero vino locale, ora nobilitato da una tenace campagna pubblicitaria . Cosa gli interessa davvero ? Non la storia in sé, ma i personaggi e l'ambiente, cosi mutati rispetto al passato prossimo e remoto. La terra -tramandata intatta dai nonni e dai padri - è stata tradita : e con essa è stata inquinato un modo di vivere,un mondo con le sue regole elementari. Le ruggine non logora solo le tombe dei morti, ma guasta soprattutto i rapporti tra compaesani. Chi però - tramite preziose bottiglie, vecchie giacche, lapidi tenute lustre - conserva un legame saldo con il tempo che fu e con l'aldilà può almeno "vendicarsi" contro cricca che specula sulla pelle altrui con il paravento dell' industrializazzione. Ritmo assonnato da vita di provincia. Gran voglia di quieto vivere che sembra persino rinunciare alla verità per non pestare i piedi ai "paroni" della zona. Il film poteva avere un retrogusto più amaro ( visto cosa ha combinato il re dei vini Zonin giusto di questi tempi ) ma il sapore doc c'è. Le bollicine verranno, si spera.
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angelo sabbadini
martedì sera
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Per chi ha visto i suoi corti l'attesa è grande! Ma alla prova del lungometraggio Padovan cambia registro e mostra di voler offrire al pubblico del Bazin un prosecchino di pronta beva, piacevole al palato ma senza persistenza: personaggi abbozzati, la splendida location di Conegliano usata come facile scenografia e via semplificando. Alla fine rimane poco e il prosecco evapora in un baleno
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carlo caspani
merrcoledì sera
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Un buon esordio registico, in linea con i dettami del poliziesco italiano in letteratura e in tv (molto meno presente al cinema). La cura per la forma e la fotografia di Padovan tradisce le origini pubblicitarie e la scuola di cinema americana, ma anche l'amore per la terra d'origine e, perché no, per l'horror tranquillo. Vigneti, cimiteri, inquinamento, un Battiston in piena forma oversize e un pacchetto di mischia di comprimari tutti del territorio, in un giallo che corre sul filo dei legami padri/figli e dei ricordi segnati da oggetti, luoghi e bottiglie
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Giulio martini
Giovedì sera
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Giorgio brambilla
Venerdì sera
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Antonio Padovan costruisce un film che parla chiaro senza sbraitare, evita le sottolineature enfatiche per concentrarsi sull’essenziale: il giallo, nel quale dissemina abilmente una serie di false piste che generano vari – discreti – colpi di scena, e la storia personale dell’ispettore Stucky. Questo Montalbano in salsa veneta è molto diverso dal suo omologo siciliano, fragile sia esistenzialmente che professionalmente. Non ha ancora superato il trauma della scomparsa dei suoi genitori, sul lavoro appare talvolta inappropriato, come pure nel vestire, e in generale un po’ infantile, come quando rompe il modellino di barca del commissario. Col passare del tempo però matura decisamente, sia riuscendo a scoprire, nonostante lo scetticismo che lo circonda, la vera colpevole, sia come persona, indossando finalmente la giacca del padre e iniziando una relazione con la figlia della vittima, due segni chiari della sua concezione di sé come individuo autonomo e adulto. Un vero e proprio racconto di formazione e un esordio assai interessante per il regista
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