Radio America (di Robert Altman, USA 2006)
Nome e Cognome: francesco  rizzo    
Email: genoa70@hotmail.com
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Datemi una volta all'anno Meryl Streep che canta 'My Minnesota Home' e vivro' (abbastanza) felice.

 

L'arco   (di Kim-Ki-Duk, Sud Corea 2006)
Nome e Cognome: maurizio careggio    
Email: infinito49@libero.it
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L’arco che non va a bersaglio...  

Un vecchio satiro estraneo alla pulizia, certamente di poche parole, aspetta e pregusta di potersi compiutamente beare di una minorenne che gelosamente tiene segregata da anni sul suo barcone ancorato al largo e meta di pescatori, alcuni dei quali più inclini alla ragazza che ai pesci.

L’avversione che può suscitare il pur grave abbandono scolastico dell’adolescente non eguaglia quella che si nutre per gli altri guasti che sul barcone, ormai alla deriva, il vecchio va almanaccando e compiendo.

Il Kim Ki duk, cui i suoi compatrioti (critica e pubblico in questo davvero ammirevoli) non gli riconoscono alcun merito, per poter rappresentare le cadute, i dolori, le disillusioni della umana generalizzata disarmonia, ancora una volta ossessivamente ricorre ad una storia estrema e si cimenta nell’idea che lui s’è fatto dell’amore. Lo vìola, lo snatura, lo spegne e smarrite come suo costume le coordinate e le convenzioni tradizionali ne fa qualcosa di remoto che difficilmente può suscitare alcun desiderio di emulazione o giustificare la pena di meritarlo o il coraggio quotidiano di conservarlo.    

Inside man (di Spike Lee, USA 2006)
Nome e Cognome: francesco  rizzo    
Email: genoa70@hotmail.com
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I soldi puzzano di sangue e' forse cio' che piu' interessa dire a Spike Lee in questo thriller che gioca con le attese dello spettatore, attirandone la complicita' sin dalla prima inquadratura, confondendo le idee a lui come alla polizia, trasformando il film su una rapina banca in un gioco di specchi tra presente e futuro, tra cio' che accade davvero e cio' che si immagina, tra Broadway (lo spettacolo) e Wall Street (gli affari), come ci suggeriscono i cartelli stradali in una delle immagini sui titoli di testa. 'Inside man' e', in altre parole, la messa in scena di una rapina in banca, ma la rapina in banca, a sua volta, si basa su una messa in scena... Intanto nessuno e' pulito, molti suscitano sospetti, i ruoli si confondono come le lingue della multietnica New York post-11 settembre, in cui per trovare uno che distingue l'albanese dal russo basta scendere in strada ma la differenza fra un uomo con un turbante e un terrorista e' annullata dalla paranoia. E l'ironia di fondo conserva un gusto amarognolo. Un film da vedere due volte, per apprezzarlo meglio.
Truman Capote ( di  Bennet Miller USA  2006)
Nome e Cognome: maria grazia tolfo   
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Per apprezzare o anche solo capire le scelte di sceneggiatura secondo me è indispensabile leggere il libro "A sangue freddo". Guardando il film senza conoscere il romanzo mi ero chiesta perché si insistesse così tanto nell'identificazione tra Truman e Perry. Ricordiamo che l'amica Nelly dice "Truman si è innamorato di se stesso" dopo l'incontro tra i due e la dedizione di Truman alla causa di Perry.
Letto il romanzo, mi sembra che il film sia una sorta di interpretazione psicoanalitica del motivo per cui Capote si era mostrato così "affettuoso" nei confronti soprattutto di Perry. Dal punto di vista letterario, è un libro modernissimo, perché dichiara apertamente come chiunque di noi, dolce, sensibile, artistico, timido magari, porti con sé la sua Ombra depravata e come tanto più ci si sforzi di rinnegare questi aspetti d'ombra, tanto più si corra il rischio di venire offuscato lei. Perry è un inconsapevole e ha lo sviluppo emotivo di un bambino, che per puro caso (in realtà non esiste la casualità, ma l'inconsapevolezza) può dar sfogo alle pulsioni distruttive.

Nel film Truman si riconosce in Perry, che vede infantile come lui. Gli porta i suoi omogeneizzati in una scena che non fa parte del libro, dove Perry non fa mai scioperi della fame, lo imbocca come un bambino e poi mangerà lui stesso gli omogeneizzati allungati con superalcoolici: per me una scena-chiave per la comprensione del film. Sono entrambi piccoli di statura, infantili, con la vocetta strascicata, dotati di senso artistico, puntigliosi sulla scelta delle parole, bisognosi di uomini forti accanto, con traumi infantili legati ad abbandono materno.
Mentre il libro dedica molte pagine alla storia della famiglia assassinata, la scelta del film è di occuparsi solo del rapporto Truman-Perry e di comprendere come, rifiutando l?integrazione della propria Ombra (grazie al "sacrificio" finale di Perry), Truman muoia a se stesso.

Nel libro il ruolo che Truman gioca nel film spetta allo sceriffo Dewey, che pensa: "Quel delitto era un incidente psicologico, un atto virtualmente impersonale; le vittime avrebbero anche potuto essere uccise dal un fulmine." E continua poco oltre: "Riusciva a guardare senza collera l'uomo al suo fianco, semmai con una certa misura di comprensione, perché la vita di Perry Smith non era stata un letto di rose, ma una misera, laida, solitaria corsa verso un miraggio dopo l?altro". (pagine 282-283 Garzanti, 3° rist. 2006). Come stupirsi che nel 1965 Capote fosse criticato a sangue per questi punti di vista compassionevoli?

 

Nome e Cognome: maurizio careggio     
Email: infinito49@libero.it
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A sangue freddo o a ruota libera?  

Ingenera un po’ d’apprensione considerare che lo scempio fatto dei Clutter, padre madre e due figli adolescenti trucidati per rapina nel cuore della notte da due malviventi, risulti unicamente lo spunto per suscitare la cupa curiosità e la prodezza narrativa di un celebrato scrittore per confezionare un romanzo destinato al successo. A quei corpi abbattuti e scomposti nel sangue, hanno sottratto oltre alla vita anche la cronaca: di quei resti abbandonati si sa solo che erano una famiglia di agricoltori del Kansas.

Le indagini consentono alla polizia di individuare i due responsabili, il tribunale li processa e li condanna alla pena capitale.

Truman Capote invece li incalza, ripetutamente li interpella e li promuove a dicitori di esperienze, peraltro poco edificanti, e ispiratori ineguagliabili del romanzo che incontrastato gli preme nella testa e vuole prendere forma sussultando in un susseguirsi carcerario di ammissioni, di illusioni e di sadismo.

Le frequentazioni coi due galeotti recano una sorta d’intesa e di complicità, con una smaccata predilezione per uno dei due, originata anche da un’infanzia dai tratti comuni, che volutamente alimenta una commiserazione oltremodo mal riposta.    

Ultimato il romanzo, ricusata la grazia, si consuma l’eterogeneo sodalizio.      

Truman/Hoffman, interpretazione celebrata dai più come positivamente sbalorditiva, sbalordisce in verità fin dalle prime battute: per quel monotono interloquire, per quelle pause ostentate e per quei sospiri eccezionalmente languidi con cui generalmente il protagonista pensosamente si pone, eccezion fatta nelle occasioni alcolico mondane in cui la sua lingua narcisisticamente sollecitata, sveltamente rutila.  


Oliver   Twist ( di  Roman Polansky  Francia-Gran Bretagna-Italia-Rep. Ceca  2005)
Nome e Cognome: francesco Rizzo   
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Dopo 'Il pianista', Polanski racconta un'altra odissea autobiografica di un individuo solo contro (quasi) tutti e (quasi) tutto. Offrendoci la storia di un orfano che trova due padri non naturali: un ricettatore ebreo che (malgrado tutto) gli salva la vita e gli insegna le regole della societa' malavitosa (mai tradire gli 'amici') e un ricco borghese che gli allunga la vita e gli insegna le regole della societa' civile (dare e meritare fiducia). I due 'padri' si incontreranno nel finale che indirizza il protagonista verso l'eta' adulta. Una madre per caso sara' gia' stata decisiva. Scene illuminate come dipinti emergono dal buio della miseria, volti caricaturali o spaventosi circolano come scaturiti dalla fantasia di un giovane lettore. Fra Truffaut e Tim Burton, film sottilmente inquietante dopo un inizio ingannatore come quello specchio rotto che terrorizza il protagonista; tutto avviene sotto l'ombra smilza della forca protesa al cielo e il clima non e' proprio
 conciliatorio. Lascia tracce.

La fabbrica del cioccolto ( di  Tim Burton - Gran Bretagna - USA 2005)
Nome e Cognome: francesco Rizzo   
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Voto: 7
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Chi e' il Willy Wonka di Tim Burton se non la versione piu' nera e crudele di Edward Mani di Forbice? Il ragazzo con le cesoie al posto delle mani, che il padre non ha finito di costruire, cerca invano il suo posto nell'oscena provincia Usa piangendo un amore che non puo' fisicamente scambiare, proprio a causa di quelle lame con cui ferisce e si ferisce. Willy si ritira dal mondo, tramuta il suo credito nei confronti di un padre crudele nell'abilita' nel fare dolci (come quella di potare le aiuole o rifare acconciature, deliziosa ma in un certo senso effimera quanto... il cinema), rifiuta il contatto fisico fin dalle mani guantate, e' un sadico-dark e non un romantico-dark. 'La fabbrica di cioccolato' ha si' un finale conciliatorio che e' il rovescio di 'Big Fish', perche' la' il 'diverso', l'eccentrico, l'artista stile-Burton era papa' ma lo prepara con una favola lisergica e gelida, pure troppo, in cui scorrono sangue nero, citazioni di Hitchcock, Ester Willams e Tim Burton , facce scelte con l'arte del fumettista, pezzi di carbone duro per quei bambini che riflettono gia' il peggio degli adulti, l'ingordigia, l'arrivismo, la mancanza di fantasia. Quelli che se gli parli di Babbo Natale, ti domandano se e' quotato in Borsa. Ispirato o no, l'ex-disegnatore della Disney ha immaginazione (deliziosamente malata) da vendere: bastino il carillon in fiamme (benche' io non sappia se fosse gia' nel film originale) o la sequenza della casa del padre dentista, che - per punire il piccolo Willy - viene 'estratta' dal quartiere come un dente malato e ricollocata altrove. E poi chissa' che lo stesso Charlie, il ragazzino saggio, non sia anch'egli un personaggio burtoniano, cosi' diverso da tutti gli altri bambini e infatti condannato a vivere nell'unica casa sbilenca di questa sorta di Stoke on Trent innevata fin dal logo della Warner Bros, nel puro stile del regista californiano... Un film da rivedere con il gusto della caccia al dettaglio come una puntata dei 'Simpson' (e del resto il musicista e' il medesimo, Danny Elfman...): la sala della 'tv cioccolosa' e' un mix di Kubrick, tecnologia da tv anni '60 e mostruosita' da tv del 2000. Cinema per bambini? Cinema per ex-bambini. Quindi per tutti.

Notte prima degli esami ( di  Fausto Brizzi  - Italia 2006)
Nome e Cognome: francesco Rizzo   
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Voto: 4
Commento:
Il regista Fausto Brizzi ha dichiaratamente realizzato un film che punta ad essere VENDUTO con successo. Nessuno scandalo. Penso solo a noi fessi, convinti che un film dovesse anche essere VEDUTO con piacere.

Nome e Cognome: maurizio careggio   
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Un film fresco, giovanilista, divertente, che si gusta con piacere.

Un film per gli adolescenti e per quelli che lo sono stati.

Il fatto che abbia avuto successo e, orrore, abbia fatto cassa nulla toglie al film in se, anzi marca la capacità di farsi capire dal pubblico e sottolinea la popolarità conseguita: merce non trascurabile e non sempre alla portata di tutte le pellicole.

Brizzi non sarà Monicelli, ma ha saputo tratteggiare con capace essenzialità caratteri e umori di un gruppo di ragazzi al termine del loro ciclo scolastico.

Nessuna nostalgia, solo la rappresentazione e un po’ la celebrazione di quegli stati d’animo che se poi nei decenni a venire si perpetuano (ma non è privilegio di tutti) si manifestano con ben altro coinvolgimento, con toni meno squillanti e quel tanto di rodato scetticismo capace di ridimensionarne le emozioni.

Brizzi ha anche il merito di aver saputo indirizzare tutti in un lavoro omogeneo: non c’è spazio per sbavature, per assoli urlati, per pistolotti sociologici, per drammi annunciati, tutti caratterizzano le interpretazioni con un gradevole senso della misura dai toni  usuali e realistici.     

Il poliedrico talentoso Faletti risulta più che credibile nella parte di professore carogna quel tanto che basta, di marito dolorosamente tradito, di padre ansioso e premuroso, di uomo che quotidianamente sa stemperare le tribolazioni con preziosa ironia.  

Eccellente il giovane Vaporidis in un ruolo ricco d’espressività e di naturale predisposizione, nella parte dello studente che se la svanga, dell’amico che lo sarà per sempre, dell’adolescente conquistato della bella immagine dell’amore, del discente in  bilico a scrutare l’anima del suo professore.

….Il piacere che si accarezza e si prova correndo verso qualcuno o qualcosa non è minimamente misurabile con quello che si trova e si vive al raggiungimento della meta...

Ben venga Brizzi, che sembra avere le idee chiare!

Nome e Cognome: francesco Rizzo   
Email: G
enoa70@hotmail.com  

RISPOSTA A MAURIZIO CAREGGIO Logicamente no, non c'e' alcun orrore nel fatto che il film abbia incassato. Ci sono film meravigliosi che hanno incassato e film presuntuosi giustamente puniti dal pubblico. Ci sono mille, mille, mille esempi di cinema d'evasione di cui e' impossibile stancarsi. Non questo. Brizzi ci sa fare (vedi l'idea di spostare la vicenda al 1989, cosi' allarga la fascia di spettatori) ma abbassa tremendamente il livello dell'asticella, in ogni aspetto del film. Perche', purtroppo, tanto poco basta. Il secchione sfigato e occhiualuto, la fotografia luminosa come uno spot dell'aranciata, le ragazze belle e fetenti contrapposte a quelle meno belle ma sagaci, la nonna che muore nel sonno, senza un filo di bava, i dialoghi scintillanti ('Giuro su Tom Cruise!'), la corsa finale del protagonista verso l'amata, mmm... che idea nuova! Detto questo, la popolarita' e' sempre un valore? Due esempi televisivi: 'Uomini e donne' di Canale 5 o 'L'Italia sul 2' di Rai Due sono programmi 'popolari'. Ma fanno anche colare il cervello dalle orecchie. Dici bene: 'gradevole senso della misura'. Solo l'aggettivo 'gradevole' mi fa venire l'orticaria. Ma perche' ci si deve accontentare di cosi' poco? Perche' - per citarti - i 'pistolotti sociologici', gli 'assoli urlati', i 'drammi annunciati' sono un dis-valore e il niente sotto vuoto di questo film 'si gusta con piacere'? Soprattutto, perche' il disimpegno, il 'non far pensare per due ore' (che va bene, sia ben chiaro) sta diventando un merito, un sollievo, un valore davanti all'impegno? Mi infiamma l'idea che in Italia ci sia anche chi si pone qualche domanda in piu' (nomi? Winspeare, Marra, Garrone, Munzi, Sorrentino...), qualche domanda sul cinema, sul Paese in cui vive, sulle storie da raccontare e fatichi a trovare pubblico, schermi, critici, programmi tv. Colpa dei registi, dei distributori? Forse. Ma se un pizzico di colpa fosse anche di un pubblico sempre piu' impigrito sul nulla? Comunque, io mi tengo Kim Ki-Duk - anche il peggiore, quello de 'L'arco', ormai il bigino di se stesso - e, per tornare a tuoi/miei interventi della passata stagione, mi tengo 'La sposa turca' e 'La schivata', altro film sugli adolescenti ma meravigliosamente 'Sgradevole', meravigliosamente 'fastidioso', meravigliosamente 'da guardare con la fame degli occhi', meravigliosamente ci-ne-ma. Ti lascio volentieri Brizzi e le sue idee chiare. Con simpatia.

 

La rosa bianca ( di  Marc Rothemund  - Germania 2006)
Nome e Cognome: annlisa gandelli   
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La luce splende nelle tenebre del periodo nazista attraverso il volantinaggio dei ragazzi dell’associazione “ La rosa bianca “.

Il film descrive bene tutte le celate tensioni ed il dominio di sé che occorrono durante l’interrogatorio che Sophie ed il fratello devono sopportare per aver contrastato il nazismo, condannandone la violenza, con le loro idee scritte e condivise da tanta gente che invece non sa esporsi.

Questo film descrive altrettanto bene cosa vuol dire mantenere la propria dignità di fronte alle “ insinuazioni “ e ai processi alle intenzioni della ragazza che non scende a compromessi e a tradimenti pur di salvare la propria vita  ma mantiene la preghiera come rapporto con Dio, che non rimpiange ogni sua scelta e che non nasconde ciò in cui crede nemmeno in pubblico.

Di fronte al cinismo e al nichilismo di chi vuole calpestare qualsiasi forma di libertà di coscienza e di stampa e di chi difende la legge degli uomini come unica cosa da rispettare, Sophie e i suoi compagni si dimostrano convinti che difendere la libertà dell’uomo è anche difendere la libertà di credere in Cristo.

Dal martirio di Sophie, del fratello e degli amici imparo l’importanza di difendere  ogni vera libertà, soprattutto quella libertà che vede nella fede in Cristo il senso ultimo della vita e della morte, che si riempie di senso se è donata per amore dei propri parenti ed amici e del prossimo che troviamo nel nostro cammino verso la Vita che non conosce né età né tramonto. 

Romanzo criminale ( di  Michele Placido - Italia Francia 2005)
Nome e Cognome: francesco rizzo   
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Belli, sporchi e cattivi, ovvero l'epopea fuorilegge della banda della Magliana affidata ai volti di attori-sciuparagazzine come Kim Rossi Stuart (e Riccardo Scamarcio, Claudio Santamaria...), carogne, si', ma abbastanza affascinanti anche per Jasmine Trinca, la figlia che Nanni Moretti avrebbe voluto avere. Come romantico gangster-movie all'italiana fila quasi sempre come un treno, soprattutto nella prima parte, rimandando ai 'bravi ragazzi' di Martin Scorsese e di Sergio Leone molto piu' che al poliziottesco stile-commissario Merli. Il montaggio detta il ritmo, la colonna sonora accarezza o scuote lo spettatore, la fotografia ricorda le Polaroid di trent'anni fa. Il problema e' il punto di vista di Michele Placido: i suoi banditi sono ragazzi di borgata cresciuti, non per colpa loro, nella 'peggio Roma', criminali, si', ma anche burattini di qualcuno piu' potente e fetente. Lo aveva gia' scritto Giovanni Bianconi in 'Ragazzi di malavita', negli affari sporchi de ll'Italia anni '70-'80, da Bologna a Pecorelli, ha avuto un ruolo anche qualcuno della Magliana. Ma il tenebroso, irresistibile Kim Rossi Stuart spacciatore che mena il fratello che si droga (!), assassino in crisi di coscienza fra i cadaveri della strage alla stazione (!!), galeotto dal cuore ferito che prenota la morte pur di rivedere la bella Jasmine, infine vittima del cecchino perche' 'sapeva troppo', tutto e' - malgrado quanto scritto da certi critici - tranne che il cinema di inchiesta alla Francesco Rosi. Perche' 'Le mani sulla citta' e' un film indignato. 'Romanzo popolare' e' un film innamorato.

Il grande silenzio ( di  Philip Groning - Germania 2006)
Nome e Cognome: annalisa gandelli   
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Penso che un film di questa portata non debba passare “ sotto silenzio “ dove per silenzio intendo identificare la sua parte peggiore quando esso è o diventa censura o nichilistico rinnegamento di ciò che vale.

Tale premessa per me è importante poiché il silenzio non è mancanza di idee, o di una Presenza o un momento vuoto ma è la scelta privilegiata di chi, come Maria,  sceglie per sé  “ la parte migliore “ di questa Presenza “ che non le sarà mai tolta ! “.

Penso che se dovessi riassumere in due parole tutto il senso del film io lo definirei la descrizione,nella concretezza della vita quotidiana dei monaci, di quella che è la dimensione contemplativa della vita.

Come ha detto anche il nostro presentatore della serata del mercoledì, al regista non interessa tanto mostrare la scansione della giornata, quanto il suo significato nello scorrere delle ore che narrano il continuo contatto con Dio attraverso la preghiera diurna e notturna ed il lavoro quotidiano.

Qui appunto il silenzio è uno stile di vita che il monaco sceglie per vivere comunitariamente e tuttavia in una dimensione estremamente personale l’impegno di una vita che è costantemente domanda e ricerca “ della perla preziosa “ per la quale vale la pena lasciare tutto il resto per seguire l’unica ed eterna felicità che è Dio.

Però anche quando c’è  dialogo, esso avviene in momenti ben precisi dove lo spazio ed il tempo hanno in comune la Presenza del tempo di Dio.

Infatti esso avviene alla presenza di un novizio ( i novizi provengono da tutto il mondo ) nel momento in cui la sua vocazione è messa alla prova sia dalla proposta comunitaria che lì si vive, sia rispetto alla fedeltà che ciascuno di noi ha o non ha nei confronti di Dio.

Poi colpisce anche il fatto che solo la domenica è permesso ai confratelli di parlare tra loro e tutto ciò avviene con un  grande senso di accoglienza reciproca nella semplicità della condivisione di quello che sembra solo un momento di divertimento sulla neve.

Non so se qualcuno si sia accorto di come le quattro stagioni si susseguano senza scossoni climatici là dove il lavoro e lo scorrere del tempo rispettano le leggi della creatura e del suo Creatore: questo aspetto mi ha particolarmente colpita.

Personalmente ho fatto molta fatica a seguire tutto il film anche se per me rappresentava una dimensione bella che vorrei vivere di più anche perché io partecipo con grande intensità alle esperienze che vivo.

Mi sono piaciute molto anche le immagini dove la luce illuminava le tenebre della notte che possono essere anche tenebre interiori: ma la luce, anche se piccola, riesce poi a prevalere sul buio della notte o del nostro animo.

Molte sono le frasi del film che mi hanno colpita: tra le molte ne ricordo due in particolare.

La prima: “ Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciata sedurre “ e la seconda : “ Il silenzio è lasciare che Dio dica una parola uguale a sé “: quest’ultima mi ha fatto intuire quanto sia immenso il silenzio e come sia espressione di una Presenza tra noi.

Inoltre questa seconda frase, pur molto breve, mi ha fatto capire che il silenzio deve essere solo Infinito, perché Dio non può pronunciare una parola che a parole non si può esprimere.

Cinderella man ( di  Ron Howard - USA 2006)
Nome e Cognome: francesco rizzo   
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VOTO 6 - Volendo essere un po' di tutto, 'Cinderella man' rischia di non essere nulla di preciso. L'opportunita' appassionante di raccontare perche' un intero Paese si schiero' dalla parte di Jim Braddock, vedendo in lui il simbolo dell'uomo medio che lotta per sopravvivere e ri-farcela nell'America della Grande Depressione, e' in parte sprecata: il film ci fa capire che scatto' questo meccanismo di identificazione ma in modo superficiale, non approfondito, non molto coinvolgente. Del resto, sceneggiatura e regia non scommettono a fondo su nulla, forse perche' devono accontentare tutti: un po' film di boxe, un po' storia di una seconda occasione concessa dalla vita, un po' ritratto di un uomo povero ma etico, bastonato ma fedele al valore della famiglia (al contrario del grande rivale che, naturalmente, e' uno spaccone vizioso...), un po' finestra aperta su una pagina di storia Usa, un po' mieloso cinguettio nel focolare e retorica da tabloid ('per chi combatti?' ' per il latte'). Un po', un po', un po'... Cinema fatto con il bilancino. Ron Howard e' bravo quando manda la mogliettina di Braddock a smontare un cartellone della Esso per fare il fuoco, quando raccoglie intorno alla radio i bambini in cantina e una comunita' in chiesa e gioca con le informazioni lasciate ai margini dell'inquadratura (per scaldarsi si brucia tutto tranne un'automobilina di legno). Ma la sua mano di regista si ricorda meno del volto di gomma di Paul Giamatti - il personaggio piu' multiforme del film - anche quando vince eterno cavaliere delle 'sideways'...

Volver ( di  Pedro Aldomovar - Spagna 2006)
Nome e Cognome: francesco rizzo   
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VOTO 7,5 - L'occultamento di cadavere dallo stile piu' femminile che ricordi al cinema: c'e' pure lo scottex per raccogliere il sangue, inquadrato come negli spot sulle massaie che versano il vino sul tavolo. Fra lutti, malattie, stupri e misteri c'e' legna da ardere per dieci sceneggiatori in questo tango-dramma dedicato all'energia delle donne, unite e solidali, nella loro eterna missione di mandare avanti la vita - accudendo vivi, morti e fantasmi, in assoluta normalita' - e di tessere una rete di racconti e bugie che renda il mondo piu' sopportabile. Malgrado i sacrifici. E malgrado gli uomini, miopi e violenti.

Commediasexi ( di  Alessandro D'Alatri - Italia 2006)
Nome e Cognome: francesco rizzo   
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Venite pure avanti poeti sgangherati/inutili cantanti di giorni sciagurati/buffoni che campate di versi senza forza/avrete soldi e gloria ma non avete scorza/godetevi il successo, godete finchè dura/ch'è il pubblico è ammaestrato/e non vi fa paura. (da 'cirano', di francesco guccini)