gli animatori lo hanno visto così :         BENE

                                                            QUASI BENE

                                                            COSI’-COSI’

                                                            COSI'-COSI'-COSI'

                                                            MALE

                                                

VIAGGIO SOLA

 

 

DOM  pom

DOM sera

MAR

MER

GIO

VEN

 

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roberta braccio

domenica

 pomeriggio

Un piccolo film che fa bene al cinema italiano. Viaggio Sola è intelligente e brillante, propone un’originalità nella storia e nella protagonista e sceglie un linguaggio tutto suo (quello del questionario di soddisfazione) che si adatta bene al tono del film. La Buy, finalmente, ha una parte diversa e fa un mestiere diverso, finalmente non c’è un happy end standard ma invece la serena presa di coscienza che le crisi ci sono ma si hanno anche le forze necessarie a superarle. Parla al cuore senza cercare di comprarlo con bieco sentimentalismo, parla alla testa senza raffreddarsi di cinismo: a mio avviso un film riuscitissimo, che resta nel cuore dello spettatore perché la sua semplice umanità è di tutti.

giulio martini

domenica sera

 E' un originale ritratto di donna - turista per lavoro e non per caso (una variante, al femminile, di "Tra le nuvole"...) - che vorrebbe uscire dai ruoli consacrati di genere per trovare un nuovo stile di vita. E il racconto ha buoni spunti e chiare coerenze interne ( sono tutti insoddisfatti, tutti irrealizzati, tutti impegnati in un perenne "girovagare" tra desideri incerti e mete indefinite). Ma la protagonista, stretta nella morsa della "famiglia già quasi felice, ma non troppo" e della "famiglia prossima ventura, forse felice" non ha lo scatto finale che ci si aspetterebbe dopo l'incontro a Berlino. Tanto che il film , nel suo procedere - a momenti un po' ripetitivo - ( e troppo pieno di locations pubblicitarie) alla fine risulta smorzato. Come se la figlia di Tognazzi non avesse voluto/saputo spiccare il volo in un modo davvero autonomo e magari, finalmente, post-femminista.

angelo sabbadini

martedì sera

La scioltezza narrativa è fin dal balbettante debutto di “Passato prossimo” (2003) la cifra stilistica di Maria Sole Tognazzi. Il percorso di affinamento narrativo giunge a compimento con “Viaggio sola”, un riuscito ritratto femminile, che sposta l’interesse dell’autrice dall’ ossessione nei confronti della figura paterna a una lucida introspezione sulla propria condizione esistenziale. Ben servita dagli attori la commedia conferma al Bazin l’accoglienza ottenuta nelle sale commerciali.

carlo caspani

mercoledì sera 

Cinema femminile poco usuale quello della Tognazzi, che prova a
raccontare la varietà possibile di famiglie e rapporti di una donna,
oggi. A patto di avere un lavoro bello e strano, una forte rete di
affetti e il coraggio, alla fine, della solitudine.

fabio de girolamo

giovedì sera

Quello della Tognazzi è un film molto curato da tutti i punti di vista. A livello narrativo segue un criterio di economizzazione progettuale, sia nella costruzione del plot, evidentemente minimale, sia nella definizione dei personaggi, caratterizzati da pochi tratti molto chiari e identificabili, senza che questo tolga loro spessore.
Stesso dicasi per le scelte di linguaggio. La regista opta per un uso costante (non esclusivo) del teleobbiettivo, uno sguardo che osserva in dettaglio mantenendo le distanze, il distacco emotivo. La sensazione è che abbia voluto rovesciare verso la protagonista lo stesso tipo di sguardo scientifico che lei rivolge agli hotel che è chiamata a giudicare. Inoltre ha posto molta attenzione al rapporto tra personaggio e ambienti, usati come riflesso delle sue condizioni esistenziali o emotive (la sequenza lungo le strade di Berlino è esemplare, ma anche i frequenti montaggi alternati tra i sontuosi alberghi frequentati da Irene e gli interni della casa di sua sorella).
giorgio brambilla venerdì sera Viaggio sola ha l'indubbio merito di far riflettere con brio su una tematica assai poco frequentata dal cinema, quella dei (o meglio delle) single per scelta, un fenomeno sociologicamente assai significativo. Mostra pure una giusta dose di lucida ironia, soprattutto quando, facendo fingere ad Irene di voler cambiare completamente vita andando in Africa, si scrolla di dosso la logica secondo la quale, se sei una donna e non puoi avere una famiglia tua, puoi evitare di condurre un'esistenza inutile solo dedicandoti al volontariato, ovviamente con dei bambini. D'altra parte il film risulta alquanto didascalico quando introduce nientemeno che un'antropologa per esplicitare il proprio punto di vista, nonché nell'uso della voce over nei momenti di presa di consapevolezza del personaggio, pur simpaticamente travestita da questionario. Inoltre se l'alternativa alla vita da single consiste o nella famiglia della sorella nevrotica con marito rimbambito dai giochi in internet, o in una relazione già fallita da quindici anni. la scelta risulta troppo obbligata per poter essere davvero tale.