gli animatori lo hanno visto così : BENE QUASI BENE COSI’-COSI’ COSI'-COSI'-COSI'
MALE
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A ROYAL WEEKEND |
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DOM pom |
DOM sera |
MAR |
MER |
GIO |
VEN |
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dei film precedenti
roberta braccio |
domenica pomeriggio |
Oltre agli hot dog, questo film mette sul piatto tanti spunti di riflessione, finendo per perdersi nell’intento narrativo. Piacevole, con un forte spunto iniziale e con un cast eccezionale, a royal weekend pecca di disequilibrio: sebbene il titolo in italiano sia fuorviante - concentrando inevitabilmente l’attenzione sul tempo limitato di un weekend, mentre Hyde Park on hudson, titolo originale, concentra l’attenzione sul luogo e il contesto - è effettivamente mal bilanciata la parte prima e dopo quel weekend, con scarti temporali davvero troppo estesi. Nel film i personaggi (tranne, forse, Giorgio IV) non crescono, rimanendo fedeli al veloce tratteggio macchiettistico della presentazione, tanto che persino il colloquio tra Roosevelt e il re appare poco credibile. Anche la figura della moglie di Roosevelt è completamente impoverita e viene da chiedersi il motivo. Politica versus immagine; carisma versus autostima e ancora politica versus rapporti sociali, sarebbero stati ottimi spunti – nonché un weekend storico che non tutti ricordavano. Peccato, un’occasione mancata. |
giulio martini |
domenica sera |
Prodotto, con successo, per gli
inglesi il film soffre - da noi - dell'influenza de "Il discorso del re",
cui è debitore e a cui però non si ispira perché sceglie solo la piega
umoristica , che non permette di dare un adeguato spessore a figure storiche
di grande rilievo. A soffrirne sono soprattutto i personaggi americani, sbeffeggiati e rimpiccioliti in mille modi, mentre gli anglosassoni conservano una loro dignità di fondo. Eppure l'umorismo british indirizzato contro i cugini d'oltreoceano qualche bel guizzo ce l'ha e qualche colpo efficace lo assesta. |
angelo sabbadini |
martedì sera |
Roosevelt e Giorgio VI
continuano ad offrire spunti e occasioni al cinema contemporaneo. L'ultimo esempio è firmato dall'eclettico Roger Michell che intorno alle due figure intesse una commedia ricca di implicazioni che interroga i visionari. Per la verità prevalgono le perplessità: il punto di vista della scialba Daisy non convince appieno e rispetto alle potenzialità del plot il regista sembra voler rimanere in superficie. Rimane comunque il piacere di una pagina cinematografica di grande valore attoriale. |
carlo caspani |
mercoledì sera |
Commedia in costume
(moderno, anno 1939) sui vizi privati di Franklin Roosevelt. Con un re tartaglione e ai limiti della macchietta, un presidente mandrillo e un plotone di signore consenzienti e affascinate che finiscono per condividerselo in armonia. Ma la Storia è altra cosa: e se giustamente uno spettatore commentava che per quella ci sono i documentari, sarebbe ora che il cinema la piantasse di contrabbandare pettegolezzi sui Grandi per farcli credere uguali a noi. Non è vero, non è mai stato così: purtroppo o per fortuna, a seconda dei casi. |
marco massara |
giovedì sera |
Si fa un po’ fatica a capire quale sia il vero centro del plot di questo film anche perché portati fuori rotta dall’aberrante titolo inglese (!) della distribuzione italiana’ ; da un lato il contrappunto tra le pubbliche virtù e i piccoli vizi privati di Roosevelt con la cugina voce narrante (espediente narrativo troppo facile e da evitare il più possibile,se non da perseguire penalmente..) interessa poco, mentre il lato ‘storico’ della vicenda è basato più su sottintesi stereotipati sui personaggi che da effettivi intrecci drammaturgici. A salvare il film da un ‘rosso’ pieno è la simpatica interpretazione (e l’abilità di guida fuoristrada con un auto del ’39…) di Bill Murray, attore la cui versatilità è troppo spesso poco sfruttata. |
giorgio brambilla | venerdì sera | questa settimana giorgio è stato sostituito da roberta |