gli animatori lo hanno visto così : BENE QUASI BENE COSI’-COSI’ COSI'-COSI'-COSI'
MALE
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LA PARTE DEGLI ANGELI |
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DOM pom |
DOM sera |
MAR |
MER |
GIO |
VEN |
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dei film precedenti
roberta braccio |
venerdì
pomeriggio |
Venerdì pomeriggio roberta è stata sostituita da giulio |
giulio martini |
domenica sera |
senza rinunciare a nessuna delle
sue idee, il più " anti - capitalista" dei registi anglosassoni stavolta fa
un racconto a lieto fine che riprende il plot de "IL MILLIONAIRE ( citato
nelle battute) - cioè un passaggio fortunoso dalla squallide periferie ad
una vittoria / vincita rocambolesca -ma lo shakera in un cocktail , a base
di whisky, dai mille retrogusti. Così la bevanda alcoolica che serve ad
operai e disoccupati per ubriacarsi, qui invece punisce gli stupidi ricconi
americani, offre un gruzzolo di base e/o un lavoro ai più sfigati della Gran
Bretagna e vale persino da premio per l'Angelo della storia. E' ottimismo
ingenuo di un laburista ormai - quasi - ottantenne ? O una variazione sul
tema de "Il mio amico Eric"? Fatto sta che con pochi soldi, nessun divo,
tenerezza e rabbia, strafottenza e autoironia,ne cava un'altra delle sue
appasionate difese ad oltranza dei "borderline" , che si lascia vedere e lascia il segno tra il pubblico. |
angelo sabbadini |
martedì sera |
Sarà l'effetto "della parte degli angeli" ma il duro e puro Ken Loach ha una grande voglia di Happy And. Ce lo dichiara a chiare lettere nell’incipit del film e lo ribadisce in modo ancora più chiaro nella seconda parte della commedia dove l’abbandono della location di Glasgow ha un valore liberatorio e il percorso verso la distilleria di Balblair segna l’entrata in una dimensione favolistica e che risolve in modo miracoloso le complesse vicissitudini dei protagonisti. |
carlo caspani |
mercoledì sera |
Commedia scozzese di Ken Loach ad alta gradazione alcolica, un filo sottotono per il suo standard (gli anni passano per tutti) ma mai banale: consueto ritratto di perdenti, sfigati e sconfitti dove il whisky, anziché essere mezzo di perdizione, diventa strumento di riscatto e redenzione: pagando, naturalmente, la parte destinata agli angeli... |
fabio de girolamo |
giovedì sera |
Non è un film morale, quello di
Loach. Si prefigura una situazione paradossale (del tipo: cosa devono fare i
giovani problematici del proletariato urbano per riuscire a uscire dalla
propria situazione critica? Devono fare il colpo grosso?) e la mette in
circolo a livello narrativo, per studiarne gli esiti. Ci troviamo di fronte a un Loach leggermente più ottimista del solito (ma negli ultimi tempi non è una novità), disposto a essere più possibilista sui metodi messi in atto dai servizi sociali per riabilitare i casi difficili (anche solo il fatto di mettere in contatto i giovani di cui sopra con ambienti e persone diversi dai loro standard) e sulla capacità mentale di almeno alcuni di loro di sfruttare l’occasione. Il regista costruisce di conseguenza un film a struttura evolutiva, sia narrativa che stilistica. Si parte con un personaggio che è attore passivo di un canovaccio scritto da altri (la società? la famiglia?), chiuso in una coazione a ripetere che sembra non dargli alternative (stilisticamente dominato da inquadrature in interni claustrofobici ed esterni dominati da muri e strade senza uscita) e si arriva a un Robbie che progetta uno scopo e individua i mezzi per raggiungerlo, con conseguente dominanza di spazi aperti e ariosi e finale su una strada di cui non si vede la fine. |
giorgio brambilla | venerdì sera | Ormai anche Loach sembra convinto che solo un Dio ci può salvare, solo che lo fa laicamente incarnare all'inizio del film nella voce dell'altoparlante che evita ad Albert una fine orribile, poi nell'angelo Harry, l'unico che offre a Robbie una possibilità di resurrezione. Se è assodato che la classe operaia in paradiso non ci va, almeno qualcuno ce la fa ad uscire da quell'inferno nel quale sembrano imprigionarlo il suo passato e il sistema giudiziario inglese, non malvagio ma neppure pensato per aiutare a cambiare davvero. Per questo il talentuoso Robbie divide in parti uguali con la sua sballata banda di sottoproletari il ricavato del furto che, paradossalmente, è per lui l'unica opportunità di rifarsi una vita onesta. Ken-il-rosso conosce e non ci nasconde i difetti dei suoi “eroi”, sa pure che per tre su quattro non cambierà nulla, però in questa favola alcolica fa costantemente il tifo per loro, alla faccia del ricco americano che non sa neppure apprezzare i suo costosissimo whisky. Certo ci ha regalato film migliori, ma questo è abbastanza efficace da farci solidarizzare coi suoi mostruosi soliti ignoti |