gli animatori lo hanno visto così :         BENE

                                                            QUASI BENE

                                                            COSI’-COSI’

                                                            COSI'-COSI'-COSI'

                                                            MALE

                                                

 MOONRISE  KINGDOM

 

 

DOM  pom

DOM sera

MAR

MER

GIO

VEN

 

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roberta braccio

domenica pomeriggio

La stranezza di Anderson è la sua firma, ma la stranezza fine e se stessa è stucchevole e fastidiosa. Questo film invece è delizioso. A tratti cartoon, a tratti acquarello, porta una piccola grande storia e fa riflettere in una maniera finalmente nuova sull’amore. L’amore, come una fuga musicale, ha diverse partiture a seconda della personalità della voce protagonista: le voci, tutte insieme, creano un luogo onirico dove si danza sulla spiaggia al chiaro di luna. Poco importa se nella realtà è tutto molto più rigido e se i nomi sono coordinate, poco importa se nella realtà ci si parla con un megafono (che sia casalingo o che sia ufficiale) o se gli insegnamenti vengono impartiti come ordini marziali. Con un po’ di innocenza e con molto realismo, semplicemente si parla d’amore, non solo tra uomo e donna, ma anche per il proprio mestiere, per la propria missione, per il senso della giustizia. C’è un amore diverso che muove ciascuno dei personaggi, che insieme sono un orchestra. Proprio come una troupe.

giulio martini

domenica sera

 la dichiarata volontà.  di farci vedere l'equivalente di una "composizione musicale" ( sulla base del modello offerto da Britten) offrendoci passo passo i vari strumenti -. personaggi / situazioni - che poi convergono verso l'assieme finale, è interessante e anche abbastanza nuovo. Ma queste ripetute "variazioni sul tema " che il "giamburrasca Anderson (moderno Andersen?) fa secondo un gusto tra il pop e il fumetto - sempre più frequente in un certo cinema autoriale recente - stavolta non prende più di tanto. Se è stato coperto di applausi a Cannes, riesce più difficile da godere, nelle sue stramberie un po' gelide, da noi italiani.

angelo sabbadini

martedì sera

Non è mai troppo tardi! Finalmente Wes Anderson approda al Bazin con il suo cinema personalissimo, inconfondibile, sfrontatamente cinefilo, colto, ironico e godibilissimo. Ci regala una partitura musicale magistrale e due ritratti di bambini che ci conquistano per la loro testarda determinazione amorosa. Il pubblico in sala si abbandona alla favola intellettuale dell’ispirato dandy texano e si gode il film fino in fondo: fino ai creativi titoli finali.

carlo caspani

mercoledì sera 

Strano soggetto, questo Anderson, ma interessante. Storia minimale di un dramma d'amore adolescenziale disegnato (che stile da cartoons...) con geometrica apparente semplicità, con un invidiabile parterre di attori chiamati a ruoli marginali e quasi grotteschi (tranne un sofferto Bruce Willis) colori caldi e atmosfera distaccata, e un lieto fine quasi biblico. Un dandy del cinema, ma con stile e idee: mica poco, di questi tempi.

marco massara

giovedì sera

Poche volte ho visto un film usare così efficacemente i titoli di testa come ‘biglietto da visita’: la prima inquadratura è un quadro naif che rappresenta casa Bishop che nella realtà sembra fatta con il ‘Lego’, una carrellata su una ‘casa di bambola’ dove ognuno è al suo posto (i bambini sotto e i grandi sopra) e, come avverte il disco con la musica di Britten, ogni strumento sembra suonare la sua parte alla perfezione. Invece presto scopriamo un mondo in cui gli adolescenti sono troppo avanti e gli adulti sono terribilmente infantili.
Sam e Susy costruiscono il loro idillio alla faccia di un mondo che non li vuole capire/accettare e alla faccia di una tempesta incombente (il Vietnam ?). Un cinema che usa con rara intelligenza il grado di libertà dell’antiverosimile per costruire un percorso di formazione affatto didascalico. I titoli di coda cercano di ‘mettere le cose a posto’, ma ormai il ‘moonrise kingdom’ è una splendida realtà.
giorgio brambilla venerdì sera Moonrise Kingdom è un film postmoderno che, attraverso la costruzione delle inquadrature, i movimenti di macchina indipendenti dall'azione narrata, l'uso di attori famosi in ruoli decisamente inconsueti, il lavoro sul colore, i ripetuti sguardi in macchina, le inquadrature ortogonali, il montaggio serrato, lo split screen, la lettura da parte di Susy di varie storie, l'analisi di brani musicali e altri espedienti ancora, denuncia apertamente la sua natura fittizia. In questo modo lo spettatore si appassiona alla storia, che narra la fuga d'amore e la difficoltà di vivere di due preadolescenti e ancor più dei poveri adulti che li circondano, fino al riscatto finale di tutti; al tempo stesso viene continuamente spiazzato dall'originalità della mise en scéne, che rende estremamente piacevole anche il livello del discorso (cioè della costruzione del testo). Il risultato è un'opera insieme divertente e seria, che soddisfa lo sguardo e l'udito dello spettatore facendolo anche pensare. Tutto in novanta minuti circa. Complimenti!