gli animatori lo hanno visto così :         BENE

                                                            QUASI BENE

                                                            COSI’-COSI’

                                                            COSI'-COSI'-COSI'

                                                            MALE

                                                

 LINCOLN

 

 

DOM  pom

DOM sera

MAR

MER

GIO

VEN

 

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matteo mazza

domenica pomeriggio

Grande cinema della Salvezza. Lincoln impressiona fin da subito: quella testa schiacciata nel fango!, il suo protagonista ripreso di spalle!, il mistero di un volto diviso a metà tra luce e ombra!, quel sogno nel mare!, quella scena tra moglie e marito presidente e first lady padre e madre con quel gioco di specchi che torna sempre!, "sono la tua indovina", tutti quei discorsi che diventano battaglie verbali estenuanti che poi cambiano e diventano Storia!, Lincoln cantastorie, Lincoln che cita Euclide "cominciamo con l'uguaglianza, lì è giustizia", Lincoln che coccola il figlio, Lincoln che schiaffeggia l'altro figlio, il maggiore, quello che si vuole arruolare, Lincoln a cavallo sul campo di battaglia di fronte a migliaia di cadaveri, "c'è una pesantezza che mi morde le ossa". E poi c'è Thaddeus Stevens, la sua parrucca, il suo "niente vi sorprende, niente in voi è sorprendente", ma anche il suo ultimo "anima mia", quel sorpresone finale, le sue rughe, il suo corpo decadente. E c'è Mary Todd straziata dal vuoto della perdita, che deve supportare che deve alleggerire quel peso! Quanto buio in questo film! Il cielo azzurro, forse, si vede due volte. Quanta violenza! Eppure, escluso l'incipit che fa percepire l'orrore ora e sempre, è un film che "fa vedere" poco. Ma quel poco è letale, sintetico, cinematografico come il rosso sangue di quel carro di morte. Sangue perso, smarrito che sporca la strada, come succedeva per i mostri. Tutto il cinema di Spielberg è una profonda riflessione sulla paura umana. Qui Lincoln dice: "non mi interessa impiccare un ragazzino di sedici anni solo perché ha avuto paura" e anche grazie a questa consapevolezza che si scontra con i morti di una guerra ritenuta necessaria, si arriva a toccare l'animo di un uomo vero. Di un politico. Di una persona che parla di Giustizia e di Legge. Grandissimo Daniel Day Lewis da ascoltare e riascoltare in originale, ma da guardare e riguardare all'infinito (anche in italiano), per come si trascina, lotta, ama, attende, insegue, nei panni di quel Lincoln che dieci anni fa sceglieva come bersaglio dei suoi coltelli quando vestiva gli abiti di Bill "il Macellaio" Cutting nel Gangs of New York di Scorsese.

giulio martini

domenica sera

Il grigiore del Parlamento anziché le nebbie dei campi di battaglia, le sporche manovre sottobanco invece della tattica e della strategia bellica, una raffica di discorsi al posto di sparatorie e cannonate: Spielberg ci mostra la strada impervia del "combattimento politico" per convincerci che è meglio l'abilità nei dibattiti e nelle votazioni al confronto armato contro chi ha idee diverse e incivili. Ma purtroppo la forza degli ideali e il senso umanitario non bastano, da soli, a piegare egoismi e interessi vergognosi. Per questo il generale Grant fa la parte - necessaria quanto crudele - del soldato Davide,mentre il Presidente fa il campione d'umanità Salomone /Abramo( capace però di mettere a rischio anche il figlio) La "Terra promessa" della Giustizia terrena si raggiunge solo con entrambi i mezzi ? Purtroppo sì. Perché la democrazia - ribadisce il regista - è una lotta meno sanguinaria di lotta, ma anche essa sconta qualche grave scorrettezza e qualche astuzia di troppo. Necessarie e comprensibili - forse - se i risultati sono così nobili ed alti E tuttavia e psicologicamente gravose per chi si deve sopportare, in aggiunta, scontri ed incomprensioni privati ( con la moglie, con i figli, con i colleghi...). Se sono ottime le intenzione del grande Steven ed è buono l'insieme della insolita drammaturgia al chiuso, si poteva però essere più stringati, senza perdere nulla della densità concettuale e delle fedeltà storica del racconto.

angelo sabbadini

martedì sera

Il trittico americano si conclude alla grande con l'intensa esplorazione
cinematografica di Spielberg sulla politica e sulla morale. Opera complessa,
sofisticata, coraggiosa che predilige l'ambientazione istituzionale (Casa Bianca, Congresso, ecc.) ai tragici campi di battaglia e che confeziona un
ritratto di Lincoln che entra di diritto nella storia del cinema. Unico limite il doppiaggio di Favino che non valorizza al meglio Daniel Day Lewis.

carlo caspani

mercoledì sera 

Cinema necessariamente "Monstre" per un padre fondatore degli Stati Uniti D'America, quindi della nostra civiltà occidentale. Spielberg sceglie coraggiosamente una dimensione chiusa, quasi buia, giocata sull'alternanza tra pubblico e privato per rendere la dimensione segreta, "sporca", sofferta della lotta per far vincere quel 13° emendamento, salvare l'unità legale della Nazione, e mantenere fede ai propri principi anche a costo, paradossalmente, di mentire. La storia, quindi, che si fa Storia con una ricostruzione perfetta (cinema come Macchina del Tempo che addirittura precede la sua stessa nascita) e un Daniel Day Lewis in stato di grazia, padrone della scena e di un
linguaggio che, nella versione originale, risulta arcaico eppure musicale, quasi poetico.

fabio de girolamo

giovedì sera

Spielberg per una volta gira un film senza mirare alla “sceneggiatura di emozioni” che connota gran parte delle sue opere. Lincoln è piuttosto un film razionale, freddo, molto concentrato sulla visione politica del grande statista, sia nell’idealismo che la muove che nella consapevolezza della necessità di una realpolitik che renda realizzabile quell’idealismo.
Si apprezza il coraggio del regista di uscire dai propri consueti modi, la sottigliezza con cui ha costruito la figura del protagonista e l’idea di raccontare i retroscena della politica con una fotografia dai toni prevalentemente scuri e poco illuminati. Il risultato, però, pecca di verbosità e anche di un certo didascalismo.
giorgio brambilla venerdì sera Spielberg ci accompagna lungo i sentieri tortuosi che hanno portato all'approvazione del XIII emendamento alla Costituzione degli Stati Uniti d'America mettendo sotto la lente l'operato del loro sedicesimo presidente, l'Abramo Lincoln del titolo.. Quello che emerge è soprattutto il ritratto di quest'uomo: una persona onesta ma estremamente realista, che sa capire quali sono le decisioni da prendere per difendere valori irrinunciabili e sa pagare il prezzo per queste sue scelte, rivelandosi un politico di grande statura. Da questo punto di vista il film convince, e chiaro è il suo messaggio ai cittadini di oggi e ai loro “leader” incolori. Le debolezze risiedono nell'inquadramento storico globale, a partire dalle ragioni economiche, non solo razziali, di entrambi gli schieramenti. Ma soprattutto viene solo mostrato che Lincoln mente a tutti, persino alla moglie, quando dice che solo l'approvazione dell'emendamento può far finire la guerra, mentre è vero esattamente il contrario. Quest'aspetto avrebbe meritato un diverso approfondimento, tanto più in un testo che rifletta su quanto si deve esser disposti a compromettersi per essere un vero uomo di Stato