gli animatori lo hanno visto così : BENE QUASI BENE COSI’-COSI’ COSI'-COSI'-COSI'
MALE
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FLIGHT |
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DOM pom |
DOM sera |
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dei film precedenti
matteo mazza |
domenica pomeriggio |
Film di tempo e corpo, nel senso di tempo che non c'è, che si ferma, che si perde, che si consuma, e nel senso di corpo che si tocca, si vede, si cura, si segna e si consuma pure lui. Due costanti nel cinema di Zemeckis, il tempo e il corpo, che altrove (penso alla trilogia di Ritorno al futuro, a Forrest Gump, a Cast Away, a Chi ha incastrato Roger Rabbit? e all'ultimo A Christmas Carol) sono state le dimensioni privilegiate di un cinema spettacolare che sembra non abbia mai rinunciato al racconto dell'uomo di fronte alla seconda occasione o, se volete, di fronte alla possibilità di una sua redenzione. Flight, però, mi è parso un film che ha volato ad alta quota (non altissima, intendiamoci) solo nella prima parte, quella che si conclude proprio con lo schianto dell'aereo e il successivo episodio in ospedale. Non che anche il film si schianti (a volte quasi), ma mi è parso che progressivamente, in modo confuso e un po' banale, il film preferisse stare a "bassa quota" senza riuscire a mantenere le ambizioni iniziali, smarrendo più volte la direzione, girando spesso a vuoto, restando troppo volentieri nell'ambiguità, soprattutto nella scelta dei personaggi collaterali. In un film così religioso, i frequenti riferimenti a Dio, se pilotati meglio, avrebbero permesso un atterraggio meno traumatico. |
carlo caspani |
domenica sera |
Certo non è il Zemeckis degli anni d'oro, ma le sue favole tecnologiche hanno ceduto il posto a un racconto di caduta (non solo aeronautica) e redenzione secondo i canoni più classici, ma con una credibilità sostanziale di fondo. Coraggioso Washington con pancione e labbro tumido da alcolista, i primi venti minuti sono da antologia del film aeronautico. |
angelo sabbadini |
martedì sera |
Robert Zemekis si libera dalla
sbornia della Motion Capture e per disintossicarsi si diletta con un film su commissione dalle identità multiple (Disaster Movie, Cocaine Movie e Legal Thriller)! Un autentico ottovolante con punti di forza (le sequenze aeree) e colpevoli pigrizie (l’epilogo). Ma il film funziona: decolla, va in picchiata, ristagna, riprende il volo e infine plana sul consolatorio finale. Una festa poi gli attori: il cammeo di John Goodman in shorts e occhiali da sole è un regalo che ci teniamo stretto! |
giulio martini |
mercoledì sera |
il racconto decolla bruscamente,
s'innalza tra brividi autentici, vira poi fino a capovolgersi: cioè si muta
da turbolento film d'azione in angosciato dramma professionale. E solo alla fine del lungo volo narrativo Zemeckis ci svela il sottile ostacolo etico ( simbolizzato non a caso da un campanile ...! ) che ha spezza le ali del presuntuoso super eroe proprio al momento del possibile salvataggio totale. Si può "controllare" un così complesso "trip" cinematografico, dove, come spettatori, dopo aver annusato l'euforia iniziale, si resta storditi, perplessi nella coscienza ed angustiati nell'animo ? Il nostro regista - un campione collaudato - dice di sì. E ce lo dimostra: ci fa vibrare - assieme al suo Icaro nero - dentro uno strano "flight" con molti capogiri e tanti salti mortali emotivi, senza ubriacarci. Ma il doppio finale moraleggiante poteva essere più sobrio... E' davvero secondo il più ovvio stile di Hollywood, che da sempre ama gli ubriaconi ( ora anche i drogati ...) purché abbiano uno scatto d'orgoglio. Non bastava il dialogo con i colleghi del penitenziario per redimere il gigante pentito ? Occorreva anche l'abbraccio del figlio ? |
fabio de girolamo |
giovedì sera |
Zemeckis decide di viaggiare sul
sicuro (curioso, in un film che inizia con un incidente aereo) in questo
racconto di autodistruzione e (fuoricampo) riscatto. Si appella a tutti i
canoni del genere, come lo sviluppo narrativo in crescendo e l’idea di
affiancare al protagonista un adiuvante sempre pronto a soccorrerlo (anzi
due: l’amico interno al sindacato e l’avvocato) e una figura complementare
(Nicole), uguale (anch’essa con problemi di dipendenza) e contraria
(consapevole della propria “malattia” e disposta a guarirne). Ne esce un
film denzelwashintoncentrico, senza particolari guizzi e con le figure di
cui sopra puramente funzionali a quella del protagonista, mancanti di
consistenza autonoma. Unico elemento fuori dagli schemi: il punto di vista, apparentemente oggettivo e in terza persona, si rivela essere, nell’ultima sequenza, una soggettiva in flashback di Whitaker. La soggettiva di un uomo che ha già fatto un percorso di ripulitura e ha quindi la forza di prendere le distanze dal se stesso passato, ma non è comunque disposto a concedere che la propria dipendenza abbia potuto avere un ruolo nell’incidente di cui è stato protagonista. |
giorgio brambilla | venerdì sera | Robert Zemeckis gioca con il contrasto tra ciò che è moralmente buono e ciò che giova. Ad es. quando si è ubriachi non c'è niente di meglio che una bella dose di cocaina per rimettersi. Se dici la verità fai una cosa buona, ma finisci in galera, dove però ti senti libero. Flight dice questo stando addosso al protagonista, Whip Whitaker, che alla fine scopriamo narratore, e del quale seguiamo gli sguardi, da quello iniziale, verso l'amata Trina, nuda accanrto a lui, a quello finale, indirizzato alla stessa donna, proiettata su uno schermo mentre gli viene chiesto di infangarne la memoria: è allora che capisce che proprio non può dire quell'ultima bugia, accetta il castigo per il suo delitto, smette di recitare e inizia a vivere. E ringrazia addirittura Dio che l'ha portato fin lì; magari neanche ci crede, ma capisce che c'è qualcosa di davvero buono per lui nella via crucis che ha scelto di percorrere. Il finale non è originalissimo, il modo di raccontare la storia neanche. Però il lavoro sui dettagli e lo svuotamento degli stereotipi di cui sopra, insieme all'ottima recitazione di Washington, rendono il film un'opera da vedere. |
marco massara | fuori classifica | Un pizzico di retorica di troppo, ma il 'frigobar della stanza accanto' dimostra che con molto poco si può fare dell'autentico horror. |