gli animatori lo hanno visto così :         BENE

                                                            QUASI BENE

                                                            COSI’-COSI’

                                                            COSI'-COSI'-COSI'

                                                            MALE

                                                

IL FIGLIO DELL'ALTRA

 

 

DOM  pom

DOM sera

MAR

MER

GIO

VEN

 

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roberta braccio

domenica

 pomeriggio

Incredibilmente a tempo con i fatti di cronaca, questo film mette in scena il paradosso per eccellenza per raccontare un dramma familiare universale in un contesto sociale molto specifico. Per questo, sembra correre su due binari: da un lato la storia di un paese lacerato, diviso da muri e da pregiudizi, dall’altro un dramma familiare che potrebbe accadere ovunque (anche in italia, per l’appunto). Funziona tutto, nel film, e a volte ci si vorrebbe persino interrompere per riflettere. Resta però il fatto che, nel tentativo di essere il più possibile obbiettiva ed equilibrata, la regista di origini ebraiche forse eccede a tratti. La sofferenza del fratello maggiore palestinese sembra infatti quasi infantile, mentre il ragazzo che vive il dramma sulle sue spalle sembra accettarlo, merito del suo essere quasi straniero, con una maturità e una leggerezza che ha dell’incredibile. Nell’altra famiglia invece, al ragazzo pesa più lo scombussolamento di una religione rigida che sembra, nel film, ottusa. La morale del finale pare suggerire che il futuro è nelle mani dei giovani e la conciliazione in quello delle donne. Forse un po’ scontato… con una storia così avvincente, affascinante e provocatoria si sarebbe potuto calcare un po’ la mano. Perché no, invertendo i ruoli tradizionali dei membri di una famiglia. Un voto comunque positivo, questo film lo merita senza dubbio.

giulio martini

domenica sera

Anche se sorvola completamente sui duri risvolti  diplomatico e /o giuridici che un caso  come questo  avrebbe  provocato nella "realtà" politica  odierna, il  racconto si muove con  sensibilità, acume  e bella scelta degli interpreti  nel groviglio emotivo/religioso che suscita. E pone  mille  dubbi attorno alle presunte ragioni  insuperabili "del muro"che  blocca ormai da decenni i rapporti tra  ebrei e palestinesi. Il titolo francese - con l'A maiuscola  del maschile / femminile  Autre - segnalava  meglio  l'orizzonte etico  della regista parigina, che si rifà al  filosofo oggi  più amato  dai correligionari transalpini (Lévinas). Delle sue teorie morali il film è una sperimentazione pratica  nella vita quotidian della Terra Promessa. Prevedibili  - ma chiaramente  volute -  le reazioni stizzite di fronte sia in Israele sia nei blog ortodossi. E' un film coraggioso e sufficientemente  umoristico per non cadere nel precipizio del melodramma e per non rendere inestricabile quello che - volendo - si potrebbe risolvere.

angelo sabbadini

martedì sera

È brava Lorraine Lévy a costruire un’azzecata parabola filmica basata sulla trovata dello scambio che innesca una forzata e drammatica messa in discussione dei personaggi. Un rovello interiore che trova negli intensi primi piani dei personaggi e nella esibizione dei loro volti segnati e intensi la forma stessa del film. E dunque i visionari del Bazin si portano a casa compiaciuti i bellissimi visi degli attori tra i quali si distingue per bravura e intensità una splendida Emmanuelle Devos.

carlo caspani

mercoledì sera 

Ipotesi non nuova, ma suggestiva, quella dello scambio di figli in culla che mette a confronto posizioni apparentemente opposte e inconciliabili nella Palestina odierna. regia e sceneggiatura cercano in tutti i modi una posizione equidistante e partecipe allo stesso tempo, con un lieto fine obbligato e programmatico e, qualche volta, degli imbarazzi recitativi (le figure dei due padri) che tolgono spontaneità all'insieme..

fabio de girolamo

giovedì sera

I dichiarati intenti della regista erano quelli di girare il film centrando l’attenzione sul quotidiano di persone israeliane e palestinesi qualunque anziché sulla Storia. Finché Il figlio dell’altra si attiene a questa presa di posizione funziona, segue con la giusta sensibilità le reazioni dei personaggi e l’evoluzione delle loro relazioni. Ma la Levy, alla lunga, non resiste alla tentazione di trasformare il racconto in una storia esemplare sulla possibilità di trovare una via definitiva alla pacificazione tra israeliani e palestinesi. Missione impossibile, soprattutto perché la prima scelta è in contraddizione con la seconda: un personaggio qualunque non è mai, per principio, esemplare, ogni suo uso in questo senso porta a risultati semplicistici. La tendenza a semplificare tocca anche la rappresentazione uomo-donna, dove gli uomini sono considerati più arroccati su posizioni ideologiche. Al di là della tesi, di per sé discutibile, sono gli esiti narrativi a risultare disfunzionali, con svolte repentine e ingiustificate di atteggiamento dei personaggi man mano che si avvicina la fine del film (un esempio per tutti: la stretta di mano tra Alon e Bilal).
giorgio brambilla venerdì sera questa settimana giorgio è stato sostituito da giulio