gli animatori lo hanno visto così :         BENE

                                                            QUASI BENE

                                                            COSI’-COSI’

                                                            COSI'-COSI'-COSI'

                                                            MALE

                                                

CHE STRANO CHIAMARSI FEDERICO

 

 

DOM  pom

DOM sera

MAR

MER

GIO

VEN

 

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roberta braccio

domenica

 pomeriggio

Meraviglioso omaggio alla dea suggestione e alla dea curiosità, questo film ci ricorda quanto sia bello sporcarsi le mani di cinema : tra disegni improvvisati, tra bozzetti che ci si immagina e le parole sospese, tra un ritratto sacro destinato a sciogliersi alla prima pioggia e una corsa tra le macerie di vecchi film che serviranno a farne di nuovi. E allora si ricicla, si incollano i pezzi, ci si insegue tra colleghi nei giochi d'intelletto. Ci sono regole da rispettare e ci sono licenze che ci si può prendere. persino, ci si può sentire davanti al mare, pur restando chiusi in uno studio. Questo film di Ettore Scola è suggestivo ed etereo: non può spiegare il genio e non vuole raccontare la biografia di un uomo, ma crea un'aurea di eccellenza e maestria.

giulio martini

domenica sera

un omaggio, quasi da manierismo felliniano, del bravo regista di Trevico al grande Maestro del '900.
Un "Ceravano tanto amati "- anche perchè entrambi "Belli, puliti e buoni"- che deborda talvolta nel'autocelebrazione per interposta persona. Una specie di "selfie" del disegnatore /sceneggiatore 83.enne, che ha una motivata nostalgia per una "Stagione particolare" dell'Italia e della la produzione cinematografica nostrana, sempre artigianale, cioè "fatta - schizzata a mano", ma capace di sintesi e suggestioni miracolose.

angelo sabbadini

martedì sera

"Un maestro che omaggia un altro maestro". Così Sergio Rubini sul docufilm di Ettore Scola e dunque attese grandi per il pubblico del Bazin data la fortunata concentrazione di talenti. L'esito è grazioso, garbato anche un tantino scontato e soprattutto laddove si tenta di raccontare (la redazione del Marc'Aurelio) si balbetta, senza una vera incisività narrativa. Detto in modo confidenziale il miglior omaggio a Fellini lo ha fatto Sorrentino qualche settimana fa!

carlo caspani

mercoledì sera 

Fellini in un racconto/ritratto di Scola, a vent'anni dalla morte: amicizia, lavoro, gioventù e maturità, il Marc'Aurelio, gli Oscar, in un'alternanza di ricostruzioni (a Cinecittà, e dove se no?) e materiali di repertorio. E la vita, che è il cinema, si fa festa e rimpianto, ricordo e nostalgia: ma il bello del fare film è che dopo restano, intatti, a dirci chi eravamo, chi siamo e da dove veniamo.

fabio de girolamo

giovedì sera

Scola si diverte a spiazzare lo spettatore, moltiplica i punti di vista da cui osserva la materia raccontata e conseguentemente alterna diversi stili di messa in scena, già prima dei titoli di testa. Il film, che era stato presentato come un documentario con parti romanzate, contraddice subito questo punto di vista con una prima sequenza in forma di omaggio a Fellini nel suo stile (scenografie palesemente “finte” con icona felliniana stilizzata). Presenta poi un narratore onnisciente in campo (ancora un fellinismo) per trasformarsi in un docufiction sulla storia professionale di Fellini e arrivare infine a un ulteriore scarto, sempre attraverso il narratore, in cui Scola regista racconta in terza persona Scola personaggio nei suoi rapporti con Fellini, con evidente intento di fare un percorso di memoria attraverso lo sguardo di un altro.
In sostanza il regista si mette negli occhi di Fellini, identificato come il Pinocchio del cinema italiano, un bugiardo di professione, e riflette attraverso il film sul falso e le diverse declinazioni che il concetto può assumere al cinema. Il falso come invenzione immaginata o fantastica (la sequenza dell’incontro tra Fellini e De Bonis, simmetrica a quella equivalente personalmente vissuta o il finale, con Fellini che fugge dalla propria morte), il falso in relazione alla memoria, mai del tutto trasparente, infine il falso come ricostruzione funzionale (le scenografie finte e il dietro le quinte)
giorgio brambilla venerdì sera Ettore Scola ricostruisce gli anni d'oro del Marc'Aurelio, mostrandoci un luogo decisivo per un momento mitico del nostro cinema, e ricostruisce il modo in cui lui e l'amico Federico, giovanissimi, ne hanno fatto parte. Il periodo successivo è raccontato attraverso materiali di repertorio, mostrati come tali o usati per doppiare gli attori che, come semplici silhouette controluce, prestano loro un corpo che li collochi in un contesto concreto. Il tutto volutamente esibito nella sua falsità in quello spazio cinematografico per eccellenza che è lo studio 5 di Cinecittà, con fondali che si rivelano per ciò che sono e lo spazio della scena che si limita ad alludere a quello reale. A questo si aggiungono poi i brani da film dell'uno e dell'altro, commoventi nel finale, quando indicano che, anche se Fellini non c'è più, il suo spirito bambino continua a sopravvivere nella sua opera. Il testo che ne risulta è assolutamente interessante, anche perché meno anonimo di una ricostruzione puramente “obiettiva”, anche se il fatto di usare come narratore Viviani per raccontare i propri ricordi nel proprio film in cui è anche uno dei personaggi principali crea una comunicazione un po' ambigua.
     
marco massara fuori classifica Caleidoscopico ritratto del grande Fellini attraverso Scola, e viceversa, con un sapiente mix di filmati di repertorio e scene girate ad hoc, senza alcun intento documentaristico, ma con il desiderio di tentare di svelare il mistero della creatività autoriale e del funzionamento della ‘macchina cinema’. Cogliendo elementi da ‘Amarcord’ (il personaggio narrante), ‘Roma’ (lo sfondo insostituibile di tutta l’azione) e ‘Intervista’ (l’amore per il cinema) costruisce un ritratto pieno di affetto senza però mai cadere nell’agiografia. E quando la vicenda umana di Fellini si chiude e anche il film sembra chiudersi con il saluto del personaggio narrante, il film regala un colpo di coda quanto mai emozionante con un’antologia di frammenti Felliniani indimenticabili.