gli animatori lo hanno visto così : BENE QUASI BENE COSI’-COSI’ COSI'-COSI'-COSI'
MALE
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UNA FAMIGLIA PERFETTA |
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DOM pom |
DOM sera |
MAR |
MER |
GIO |
VEN |
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dei film precedenti
roberta braccio |
domenica pomeriggio |
È la struttura di questo film, a mio avviso, a fare la differenza. Il meccanismo della commedia degli equivoci si basa sul fatto che il pubblico sappia cosa sta avvenendo ad insaputa dei protagonisti, qui invece subito fin dalla prima scena , il pubblico è , come il personaggio di Francesca Neri, assolutamente ignaro di ciò che sta accadendo. Pian piano si dipana il “mistero”, noi capiamo che è una recita ma solo alla fine capiamo che è una recita dentro alla recita, in cui tutti sono in qualche modo ignari di una parte della storia. Se da un lato quindi, l’imprevisto (Francesca Neri suscita divertimento per la sua inconsapevolezza, in realtà la trama si fa sempre più avvincente perché nulla è scontato. Questo meccanismo – inutile dirlo – credo sia geniale perché funzionale a mantenere sempre vivo e all’erta il pubblico, nonché uno stratagemma originale in un film che comincia con una famiglia da spot pubblicitario e finisce invece con un set smontato e una realtà senza copioni |
giulio martini |
domenica sera |
il film è simpaticissimo e anche fatto con gusto, a parte qualche lungaggine e qualche situazione al limite (come la scena in Chiesa) ma non bisogna dimenticare che è il "remake" di un film spagnolo, per cui il merito è innanzitutto dell'autore madrileno che era ottimo soggettista, sceneggiatore e regista, anche se all'esordio. Quindi bene la recitazione con attrici scelte cura tra le dive con i più begli occhi e ed i maschi tra i migliori caratteristi, anche giovanissimi. Ok Castellitto. Ma l'unica originalità- rispetto al "remake" americano - è questo look super pubblicitario ( da pubblicità natalizia ...) che Genovese si porta dietro dal suo passato professionale e sui cui ricama però con molta ironia. |
angelo sabbadini |
martedì sera |
Esiste una via alla commedia che predilige il remake, la rapina intelligente alle produzioni straniere riviste e corrette secondo l’italica sensibilità. E’ il caso del collaudato Paolo Genovese che saccheggia il soggetto del film spagnolo “Familia” di Fernando de Aranoa smussandone gli aspetti perturbanti e collocando il prodotto nel confortante alveo della commedia natalizia. L’operazione funziona perché il film ha una sceneggiatura ben scritta e un cast composito che ha voglia di giocare fino in fondo la partita |
carlo caspani |
mercoledì sera |
Genovese prova una variazione (non originale in partenza, visto che proviene da due film precedenti) sui temi della famiglia, della serenità obbligata natalizia, del rapporto tra arte, finzione, partecipazione e vissuto personale dell'attore. Grande confezione, attori in parte, qualche incongruenza (perdonabile, considerando che siamo nella suprema finzione cinematografica). Ma col progredire della vicenda, quella che potrebbe essere una storia "cattiva" ma interessante scivola e poi precipita nella paccottiglia lucidata della reclàme televisiva da cui il regista proviene (e di cui, nel film, sembra farsi vanto), e se resta dell'amaro in bocca è perché c'era troppa roba in tavola e lo spumante era mediocre. Proprio come nei peggiori pranzi familiari di natale. |
fabio de girolamo |
giovedì sera |
Confrontare l’originale spagnolo
con il remake italiano aiuta a cogliere meglio le intenzioni registiche di
Genovese. Santiago, il protagonista della versione iberica, è un uomo
dimesso, schivo, tendenzialmente depresso. Si colgono facilmente le ragioni
che lo hanno spinto a circondarsi di una famiglia fittizia in un giorno di
festa. Lo stesso Santiago giustifica il proprio gesto alla fine del film nel
modo più semplice: “è sempre meglio passare un giorno come questo in
compagnia che soli”. Semplice e agghiacciante nel contempo e finita la
messinscena tutto torna come prima. Il Leone di Castellitto, invece, è volitivo e iperattivo, tutt’altro che depresso. Il gioco che viene a definirsi con gli attori è aggressivo ai limiti del sadismo. Leone sembra essersi impegnato a costruire nella messa in scena una famiglia perfetta per poi accanirsi sistematicamente sui suoi componenti e decomporla da dentro. Un gioco sadico, ma anche automaticamente masochista, perché distruttivo dell’oggetto dei desideri. Infatti il regista si affretta a giustificare il comportamento forzando la sceneggiatura attraverso l’inserimento della precedente relazione con Carmen (assente in de Aranoa). Poniamo un pietoso velo sui salti mortali che gli sceneggiatori hanno dovuto fare per giustificare il possibile inizio di una relazione tra Alicia e Leone e il conseguente happy end. |
giorgio brambilla | venerdì sera | Genovese mette insieme un ottimo cast e propone una commedia all'italiana che rispetta le unità canoniche della tragedia classica (spazio, tempo e azione) per riflettere, secondo i dettami del teatro moderno, sul rapporto tra vita e finzione, oltre che per sul valore della famiglia. Una discreta dose di cattiveria, tanto più inusuale in un film natalizio, insieme ad una certa complessità di costruzione, pone il testo decisamente al di sopra del cinema medio italico. I colpi di scena lo rendono vivace e lo svelamento finale dell'autentico rapporto tra Carmen e Leone invita ad una seconda visione. Con la scusa della messa in scena riesce anche a denunciare quanto c'è di artefatto nei rituali natalizi, come mostrano esemplarmente la scena della tombola e l'utilizzo ironico delle canzoni tipiche, sia nella storia che come commento, Peccato solo che le riflessioni sul teatro risultino talvolta un po' compiaciute e didascaliche e che il lieto fine, nel quale tutti imparano qualcosa e maturano, rivelando che una famiglia imperfetta vera è meglio di una perfetta finta (niente meno!), risulti programmatico e renda la critica a questo istituto di maniera |
marco massara | fuori classifica |
Perché proprio a Natale (anche se
la vegetazione della campagna di Todi può suggerire un ulteriore livello di
astrazione) ? Perché a Natale si concentrano le piccole o grandi
‘imperfezioni’ delle nostre famiglie: attriti, invidie, malintesi etc (Il
grande Monicelli di ‘Parenti serpenti’(1992) docet). Ecco allora la
soluzione ideale pensata da Leone: ingaggiare una compagnia teatrale che
reciti la ‘Famiglia perfetta’ che in fondo gli manca. Però qualcosa è in
agguato e lo costringe ad escogitare dei trabocchetti per evitare quello che
ci verrà rivelato nel sottofinale. La recita perfetta non riesce a
funzionare: basta una Alice che compare inattesa per sparigliare le carte e
portare Leone in un nuovo’paese delle meraviglie’. Regia intelligente che sa spiazzare con efficacia lo spettatore, 4 generazioni di attori in sintonia , una colonna sonora ben intonata (Broadway all’inizio ed intimista alla fine): insomma una bella sorpresa di Natale. |