gli animatori lo hanno visto così : BENE QUASI BENE COSI’-COSI’ COSI'-COSI'-COSI'
MALE
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ANNA KARENINA |
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DOM pom |
DOM sera |
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dei film precedenti
roberta braccio |
domenica pomeriggio |
Rutilante e spettacolare, questo film è una meraviglia per gli occhi. L’idea di chiudere tutto in un teatro è geniale ed efficace, il piano sequenza in cui si vede la scenografia che cambia è incredibile. Purtroppo, in tanta costruzione visiva, si perdono un po’ non solo le sfaccettature dei tanti personaggi, ma anche la forza della vicenda e la carica emotiva della storia. È un peccato, ma sicuramente vale la pena vederla, questa versione incredibile di Anna karenina. |
giulio martini |
domenica sera |
Coraggiosa riproposizione di un classico, elaborata sulla tema della necessità dell' "interpretazione" che ogni "lettura"comporta, specie quando è trasposizione / messa in scena di un' opera letteraria. Tra teatralità infantile, pantomima, dramma borghese, operetta da belle époque e parate da circo si moltiplicano i giochi di rimando e le pareti delle scatole cinesi, dove si evidenziano i ruoli sociali e la loro recitazione pubblica. Ma, secondo il gusto postmoderno, in questo modo si assume un distacco critico dai valori e dalle passioni raccontate, si accentua la lontananza storica e si sottolineano le gabbie culturali dentro cui si muovono gli attori. Così emerge chiara anche l'ideologia di Tolsoj e (rispetto alle precedenti versioni cinematografiche) sono meglio esposte le sue posizioni morali, anche se non sono condivise dal regista, e - di conseguenza - neppure partecipate emotivamente più di tanto al pubblico. |
angelo sabbadini |
martedì sera |
Se le lodi sono andate a Tom Stoppard il merito dell'operazione ricade interamente sul controverso Joe Wright che riesce a rendere funzionale alla storia l'eccentrica trovata di ambientare le vicende di Anna Karenina in teatro. Anna, Vronskij, Levin e Kitty si muovono a loro agio tra le quinte e i macchinari scricchiolanti di un teatro con entrate e uscite perfette per tempismo e efficacia narrativa. Certo Tolstoj è ridotto a un canovaccio, a un ammiccamento, a un gioco romanzesco...Ma il film funziona e riscalda la gelida serata. |
carlo caspani |
mercoledì sera |
Superato il pregiudizio
sull'ennesima riproposizione del capolavoro di Tolstoj vale la pena di abbandonarsi a questa versione "teatrale", a tratti melodramma, spesso sogno, sceneggiata da Tom Stoppard. Lusso Chanel e palcoscenici "scoperti" si incrociano con inaspettate aperture verso il "fuori", la semplice vita nei campi, i sentimenti puri e irriducibili di Levin e Kitty in opposizione all'abbandono sensuale di Anna (una Knightley fin troppo aguzza) e Vronskij (un Taylor-Johnson volutamente torzolone) contrastati da un'alta società ipocrita e marciotta e da un rigido Karenin (bravo Law, marito padrone o semplicemente innamorato tradito?) Parlando di valori assoluti (Amore, Tradimento, Vendetta, ma anche un mondo che cambia prima della Rivoluzione), il film è più che fedele allo spirito del romanzo, e appaga l'occhio curioso dello spettatore. |
fabio de girolamo |
giovedì sera |
Posta l’impossibilità di rendere
cinematograficamente l’intera complessa stratificazione di senso del romanzo
di Tolstoj, sceneggiatore e regista hanno voluto concentrarsi solo su due
aspetti: la rappresentazione della società aristocratica della Russia
tardo-ottocentesca e il racconto delle vicende dei due nuclei narrativi
principali legati al polo Anna-Vronski da una parte e Levin-Kitty
dall’altra. Quella di ambientare il rigido gioco di ruoli dell’alta società russa completamente dentro le mura di un teatro, tra palco, platea, dietro le quinte, fondali disegnati e musicisti è l’unica idea forte e originale del film, peraltro condotta molto bene dal punto di vista registico. Per altro verso lo spessore e la complessità dei personaggi principali viene a perdersi, in parte per esigenze di sintesi, in parte per la scelta degli autori di preferire l’aderenza al flusso narrativo. Quello che ne esce è un giocattolo dinamico, spettacolare e visivamente accattivante, ma vuoto e senza spessore. Ci si domanda perché scomodare Tolstoj quando si sarebbe potuti arrivare a un risultato simile con qualsiasi altro melodramma ottocentesco di minori pretese. |
giorgio brambilla | venerdì sera | Joe Wright e l'ottimo Tom Stoppard mettono in scena l'ennesima versione di Anna Karenina. Se nell'epoca della postmodernità vale l'adagio di Bogdanovich secondo il quale tutte le storie sono state già raccontate, questo è tanto più vero per un romanzo che ha superato le dieci versioni cinematografiche. La scelta di lavorare sulla metanarrazione risulta quindi pressoché obbligata. Il teatro un po' malmesso diventa quindi metafora della Russia in un cruciale periodo di crisi ed esibizione della messa in scena, in un gioco inizialmente scintillante, che progressivamente si fa più discreto per permettere il coinvolgimento dello spettatore. Questi da una parte si lascia stupire e divertire dalle trovate linguistiche (come gli ampi movimenti di macchina, l'immobilità o la scomparsa di parte dei personaggi, gli spazi del teatro in incessante trasformazione), dall'altra, nonostante gli avvenimenti siano raccontati ad un ritmo più serrato di quanto lo sviluppo psicologico delle vicende richiederebbe, non è disturbato, perché ne capisce il motivo e comunque ha tempo sufficiente per comprendere e compatire. Ottimo mestiere, ma manca quel guizzo davvero originale che rende un testo unico |